Rovigo. Impossibile camminare per Rovigo senza imbattersi in almeno un’opera di Virgilio Milani (1888 – 1977). Per diversi decenni egli venne chiamato a connotare con le sue sculture, spesso monumentali, decine di luoghi ed edifici pubblici, palazzi, chiese e tombe. Per chi poteva permetterselo, mostrare in casa un suo bronzo era questione di status symbol. La retrospettiva che la città riserva a Virgilio Milani in Palazzo Roncale: “Virgilio Milani. L’Arte del ‘900 in Polesine” è quindi un tributo, doveroso, al più importante scultore rodigino del Novecento.
La mostra promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, nasce da un’idea di Sergio Campagnolo, ed è curata da Alessia Vedova. Con la curatrice, in catalogo intervengono anche Lucio Scardino, Nicola Gasparetto ed Elisabetta Vanzelli.
“Com’è nella tradizione di Palazzo Roncale, sarà una mostra corale, una mostra di storie. Dove il percorso artistico di Virgilio Milani funge da filo conduttore di un grande viaggio tra i diversi protagonisti della storia dell’arte del Novecento in Polesine”, anticipa il Presidente della Fondazione Cariparo, professor Gilberto Muraro. Con Milani, saranno raccontati artisti come Mario Cavaglieri, Leone Minassian, Edoardo Chendi sino a Paolo Gioli, che di Milani è considerato l‘“erede” insieme alla figura del critico Giuseppe Marchiori. Ad essere proposto è un viaggio nell’arte ma anche nella storia e nelle storie dal primo dopoguerra agli anni Ottanta del Novecento polesano.
“Questa mostra vuole essere occasione per analizzare, decantate le passioni, l‘effettiva importanza dell’artista, celebrato in casa ma sostanzialmente trascurato, forse a torto, in Italia e in Europa”, evidenzia Alessia Vedova. “Milani, pur concentrandosi nella sua Rovigo, si mostrò molto attento al nuovo che si andava sviluppando nel mondo internazionale dell’arte. Il suo confronto con il critico Marchiori, anch’egli rodigino, gli fu da stimolo. Milani vive i cambiamenti e le tensioni di quasi un secolo di arte ma sceglie di farlo decantando e interpretando il nuovo, stemperandolo nel suo personalissimo sentire. La sua scultura ha radici antiche, riconducibili al Rinascimento di Donatello o Laurana, tradotte in una scultura di essenziale sobrietà”.
Al Milani scultore pubblico un’altra Fondazione, quella della Banca del Monte, ha dedicato un itinerario, individuando una quarantina di sue opere. A cominciare dalla monumentale Fontana della Riconoscenza che ricorda, a chi arriva alla stazione ferroviaria di Rovigo, la Grande Alluvione del 1951.
Già durante, e ancor più dopo. Durante il primo conflitto mondiale Milani ricevette diverse commesse per opere commemorative o celebrative. Tra esse il monumento a Cesare Battisti e, più tardi, quello all’esploratore Giovanni Miani, il Leone bianco del Nilo.
Nel secondo dopoguerra, nelle sue opere “pubbliche” compare una sensibilità sociale più marcata, come nel Sacrario dedicato alle vittime dell’eccidio fascista di Villamarzana o nei fregi della Casa del Mutilato e ancora in quelli dell’Istituto Autonomo Case Popolari. A fine anni Sessanta, la grande svolta dal figurativo all’astratto, con la torre in acciaio inox nel quartiere di San Bortolo.
La mostra, pur dando conto del Milani pubblico, si concerta sulla sua produzione domestica. I bronzi, le terracotte, i ritratti e le figure soprattutto. Qui lo scultore appare meno vincolato alla committenza e al giudizio pubblico, più libero di esprimere i propri sentimenti e manifestare la sua speciale sensibilità.