Ome, Brescia. “Ci piacciono le cose insolite e ogni anno cerchiamo nuove visioni, nuove collaborazioni e nuove emozioni. Siamo consapevoli dei nostri limiti, ma piuttosto che rimanere fermi, cerchiamo di elaborare idee che portino il fumetto e l’illustrazione a diventare una possibilità di “leggere”, “vedere” e interpretare il mondo.” Parole che esprimono l’idea artistica di Pietro Arrigoni, geniale regista a cui basta un gessetto e un angolo di marciapiede per realizzare un festival, dare vita a quell’angolo artistico, ancestrale, che dimore in tutti noi.
Il borgo di Ome, nel cuore della Franciacorta, accoglie l’edizione del Festival del Fumetto da Marciapiede, in programma sabato 31 agosto e domenica 1 settembre, presso il prestigioso Borgo del Maglio.
Insolito festival, insolito titolo: “La Schiena”. Due giorni aperti ad artisti, veri o improvvisati, che vorranno disegnare su tela un fumetto, un’illustrazione o scarabocchio da esporre su un cappotto o kimono.
Cappotto o kimono perché nel solco delle precedenti edizioni prosegue la scoperta della cultura giapponese, all’interno del percorso avviato negli anni scorsi per il gemellaggio con la cittadina di Ome a Tokyo. Lo scorso anno il Festival del Fumetto da Marciapiede ci ha portato a scoprire l’Oriente, con continui e inaspettati rimandi tra le due culture che, pur così distanti e apparentemente imparagonabili, si sono rivelate più legate di quanto si pensa.
Quest’anno la creatività del direttore artistico Pietro Arrigoni porta oltre, avanti come sempre: il cappotto e il kimono saranno la tela di fumettisti e sarti che regaleranno ai partecipanti sorprese incredibili.
L’anno scorso erano i fumetti su scarpe e lamiera, quest’anno saranno cuciti sulla schiena del cappotto e del kimono, rigorosamente abiti riciclati. La schiena è la parte più estesa del corpo, con la quale l’uomo intrattiene da sempre un rapporto equivoco ed enigmatico. Vestita o spogliata, la schiena rappresenta un elemento essenziale della nostra silhouette, uno strumento di seduzione così come un motivo di pudore, qualcosa da venerare o profanare, da accarezzare o da fustigare, da liberare o contenere fino ai limiti più estremi. Questi abiti diventano “pareti espositive” democratiche, creative e rivoluzionarie che permettono alla persona un modo di avvicinarsi all’immagine, come se il fumetto o l’illustrazione includesse al suo interno il codice per accedere al suo segreto.
A suggellare la filosofia del Festival l’incontro inatteso tra due mondi, due culture, due linguaggi artistici: il Cappotto occidentale e il Kimono orientale. Due artisti, Mitsuyasu Hatakeda e Francesco Levi, si confrontano e si congiungono nella circolarità della stoffa, che si trasforma in disegno, segno, traccia. Un dialogo tessuto, ancorato al filo, ma aperto alla libertà dell’immaginazione.