Rovigo. Sarà una retrospettiva forte di circa 130 fotografie selezionate dagli archivi dell’agenzia Magnum Photos: una combinazione di scatti emblematici dell’opera di Capa e immagini apparse più raramente, che verranno sviluppate appositamente per l’esposizione dal titolo: “Semplicemente Robert Capa”. La mostra ospitata a Palazzo Roverella, sino al 29 gennaio prossimo, a cura di Gabriel Bauret, è il nuovo appuntamento con la fotografia internazionale proposto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, ancora una volta affiancata dal Comune di Rovigo e dall’Accademia dei Concordi.
Ed è proprio nell’avverbio “semplicemente” che sta il segreto di questa monografica che segue per qualità ed originalità quella recente di Robert Doisneau, offrendo uno sguardo sulle principali tappe della produzione del fotografo e non mancando di accordare lo spazio che meritano alcune icone che hanno incarnato la storia della fotografia del ‘900.
“Semplicemente” perché questa mostra non intende essere esaustiva: la selezione delle immagini già preclude l’eventuale intenzione di una nuova analisi storica. La sua ambizione è soprattutto quella di lasciar intuire attraverso le immagini proposte alcune sfaccettature di un personaggio passionale e in fin dei conti inafferrabile, sicuro di sé, insaziabile ma forse mai del tutto soddisfatto, che non esita a rischiare la vita per i suoi reportage, come per riecheggiare i rischi corsi giocando a poker. Difatti, Capa ha sempre manifestato un temperamento da giocatore d’azzardo. La mostra racconterà: il ruolo di Capa come testimone storico, indissociabile dall’impegno per una causa che in parte trova le sue motivazioni nelle origini del fotografo.
Il personaggio Capa e la biografia che si delinea dietro o tra le fotografie. «Per me, Capa indossava l’abito di luce di un grande torero, ma non uccideva; da bravo giocatore, combatteva generosamente per se stesso e per gli altri in un turbine. La sorte ha voluto che fosse colpito all’apice della sua gloria”, ebbe a scrivere di lui Henry Cartier-Bresson.
L’esposizione non si limiterà alle rappresentazioni della guerra che hanno forgiato la leggenda di Capa. Nei reportage del fotografo, come in tutta la sua opera, esistono quelli che Raymond Depardon chiama “tempi deboli”: contrapposti ai tempi forti che caratterizzano le azioni; i tempi deboli sono momenti concentrati sugli esseri umani, la loro natura e la loro personalità.
Le caratteristiche formali ed estetiche delle immagini di Capa affrontate più
raramente ma che contribuiscono alla qualità e all’impatto delle sue fotografie: inquadratura, composizione, espressione del movimento, distanza dal soggetto. E tra un’immagine e l’altra si profila anche l’identità di Capa, proprio come è tra una nota e l’altra ascoltando la musica.
La gran parte delle fotografie scelte è in bianco e nero, ma forse non tutti sanno che di alcune immagini esistono anche copie a colori, specialmente di quelle dell’ultimo reportage in Indocina.
Il pubblico potrà anche ammirare le riproduzioni di provini e pagine dei quaderni di Robert Capa (provenienza: Bibliothèque Nationale de France e agenzia Magnum), le pubblicazioni dei suoi reportage sulla stampa francese e americana (riproduzioni delle foto a doppia pagina), gli estratti di suoi testi sulla fotografia, che tra gli altri toccano argomenti come la sfocatura, la distanza, il mestiere, l’impegno politico, la guerra.
Inoltre, saranno disponibili gli estratti di un film di Patrick Jeudy su Robert Capa in cui John G. Morris commenta con emozione documenti che mostrano Capa in azione sul campo. Infine, vi saranno le comparazioni con le fotografie di Henri Cartier-Bresson di soggetto simile.
Robert Capa nasce nel 1913 a Budapest; in gioventù si trasferisce a Berlino, dove inizia la sua grande carriera di fotoreporter che lo porterà a viaggiare in tutto il mondo. Nel 1947 fonda con Henri Cartier-Bresson e David Seymour la celebre agenzia Magnum Photos. Muore in Indocina nel 1954, ferito da una mina antiuomo mentre documenta la guerra al fronte.