La ricorrenza legata a santa Lucia, venerata martire dispensatrice dei doni, permetteva di constatare, accanto all’aleggiare della popolare figura proposta in specifica data dal Martirologio romano, la composita varietà della frutta disponibile nell’incombente stagione della quale, nel maggior centro bresciano, a tale tradizionale giornata di festa pare se ne sperimentasse l’abbinamento ad essa confacente, durante il mese di dicembre del 1916, quando “La Provincia di Brescia” pubblicava, nella stampa di martedì 12, una notizia che si rapportava a quella sopravvissuta manifestazione che anche oggi risulta sentita e partecipata, nei riparametrati aspetti attuali: “Allo scopo di favorire gli acquisti di frutta secche, aranci, mele e mandarini per i regali di Santa Lucia, l’Ufficio di Annona ha disposto che a quanti si recano oggi ad acquistare diverse qualità di frutta secche e fresche ai banchi comunali venga dato un comodo cestino di vimini con manico e coperchio. Così ciascuno potrà confezionare al momento un bel cestino di frutta scegliendo e comparando le qualità che meglio desidera e che sono in vendita ai banchi stessi, qualità di cui ecco l’elenco ed il relativi prezzi: Mandarini al kg. L 0,75 – Nocciuole 1,80 – Mandorle zaccarelle 2,30 – Noci di Sorrento 2 – Noci del Piemonte 1,20 – Fichi in corona 1,10 – Fichi delle Puglie 0,90 – Fichi a grappoli 1,20 – Fichi in paglioni 0,80 – Fichi scelti alla rinfusa 1 – Fichi comuni 0,70 – Limoni di cassa cent. 5 l’uno – Datteri in scatolette da 1 kg. 2,40 – idem da mezzo kg. 1,20 – idem sciolti al kg. 2,50 – prugne 1,15. La qualità della frutta e il prezzo hanno incontrato il favore del pubblico che ieri ha affollato così i banchi comunali come il magazzino di Broletto per la vendita all’ingrosso”.
In quei frangenti, della allora in atto Prima guerra mondiale, un articolo del giorno della ricorrenza stessa di Santa Lucia del 1916 entrava nell’atmosfera dell’evento atteso e vissuto per una peculiare e descritta “Santa Lucia. E’ venuta la cara Santa, tanto attesa dai bambini. A loro la leggiadra Vergine, che cammina sui tetti, e getta la cenere negli occhi ai bambini che al suo ingresso non dormono, ha recato mille cose diverse: i cavallini di legno, i trenini di latta, gli orsacchiotti e le bambole imbottite, il torrone ed i cioccolatini, gli aranci e tante e tante altre cose diverse, che avranno la vita di un giorno. Ma quell’attimo vale un’epoca. Chi li ha visti stamane i nostri cari piccini, svegliarsi prima del solito, e correre al caminetto del salotto o al camino della cucina, a scoprire i doni che la Santa amica aveva recato per loro? Chi li ha uditi i gridi di allegria da essi innalzati, chi li ha osservati tutti intenti a fare correre i trenini, a imbracciare i fucili, a snudare le sciabole, ad allineare i soldatini di piombo, ad impartire loro ordini severi? Perciò mi immagino che quest’anno, la grande maggioranza dei maschietti avrà avuto ciascuno un plotone di soldati, e tutti poi saranno stati Cadorna. Godetelo, cari piccini, l’attimo delle illusioni; poi verrà anche per voi, purtroppo il risveglio, ma intanto: fuori le sciabole di latta, viva i soldatini di legno e le bocche piene di cioccolatini!”.
Durante il periodo tardo autunnale, inerente il concomitante riversarsi della giornata dedicata alla santa siracusana, nella medesima pagina di giornale nella quale il bollettino di guerra del generale Luigi Cadorna aggiornava circa gli sviluppi bellici al fronte, specificando, fra l’altro, che le artiglierie italiane in Valle Dell’Astico “dispersero nuclei nemici sulle pendici settentrionali di monte Seluggio e a nord di monte Cimone”, a proposito invece dei dolciumi, una notizia ne andava ad interessare le novità circa la loro diffusione, in particolar modo, per quanto attinente la relativa spedizione, ravvisata nel periodo delle feste di dicembre ancora in progressione, sul calendario di quel 1916, quando la data di giovedì 14 risultava giorno di stampa che aveva fra gli articoli pubblicati su “La Provincia di Brescia” quanto riguardava “La spedizione dei dolci sospesa fino all’8 gennaio – Allo scopo di riservare ai consumi di prima necessità l’impiego di alcune derrate che solitamente in occasione delle feste natalizie vengono destinate alla confezione di dolci, la Direzione Generale delle Ferrovie ha sospeso, fino a tutto il giorno 8 gennaio prossimo venturo, la accettazione delle spedizioni comunque effettuate sia per pacco ferroviario, come per colli isolati o a vagoni completi, e per qualunque percorso, di panettoni, panforti, pandolci, focacce e torroni, mostarde, frutta candita, pasticcerie, caramelle, dolci di qualunque natura e specie e di qualunque altro prodotto formato con zucchero, farina, uova e burro”.
Se la frutta ed i dolci possibilmente reperibili sembravano, nonostante quei venti di guerra combattuta su una prima linea aperta anche a ridosso dei confini bresciani, gli elementi ricorrenti per i più usuali e tradizionali ingredienti dell’insieme celebrativo della festa di santa Lucia, non di meno, tali realtà di semplice liberalità abbinavano la sensibilità verso i bambini che risultavano in quel mentre ricoverati nelle strutture sanitarie cittadine ove, accanto agli interventi ed alle cure mediche, la ricorrenza si prestava a gesti di attenzione nella solidarietà che si faceva messaggio educativo di incoraggiante monito per la loro giovanile età, secondo l’iniziativa che il quotidiano locale “La Sentinella Bresciana” di giovedì 14 dicembre 1916 documentava nel pubblicare “La Santa Lucia all’Ospedale dei bambini Umberto I. Anche ieri come negli scorsi anni, i bambini degenti all’ospedalino Umberto I hanno avuto il loro giorno di festa, di esultanza. I doni pervenuti da caritatevoli persone per la Santa Lucia furono più numerosi che per il passato. Assistevano alla distribuzione il presidente cav. Coppi, il direttore dott. Cav. G. Materzanini, i medici cav. Dott. Magrassi e dott. Farina, le contessine signorine Caprioli, le signore Magrassi, Portieri, Rina Dabbeni Sala, la signora Materzanini ed altre. Lieti e sorridenti i poveri bambini ricevettero dalle mani dei presenti il regalo di Santa Lucia, e appena si trovarono soli, scoppiarono in strilli di gioia. Ammirati come sempre, l’ordine perfetto e la grande meticolosa pulizia, ciò che va ascritto a tutto merito delle pazienti e benemerite Suore. I visitatori si portarono quindi con pubbliche carrozze al Ronco di convalescenza dove fu pure distribuita la Santa Lucia ad altri bambini in via di guarigione”.
La folcloristica ed ispirata manifestazione, radicata nella tradizione anche bresciana, relativa a Santa Lucia, si proporzionava in quel periodo ai vari aspetti della società, ovviamente coniugandosi al mondo della fanciullezza, senza sorvolare nel proprio tipico contesto di attinenza, l’ambito famigliare ed il ruolo istituzionale di scuole e di ospedali, per uno stesso impianto culturale, destinato a sopravanzare anche i giorni della summenzionata guerra, per sopravvivere nelle mutate contingenze del tempo in continua dissolvenza.
Mentre si dava notizia, fra le altre profuse, ai lettori de “La Provincia di Brescia” di mercoledì 13 dicembre 1919 dell’avvenuta inaugurazione, due giorni prima, di una “ricca mostra dei pittori Bertolotti e Barbieri” in alcune sala di Palazzo Martinengo del capoluogo bresciano, la stessa edizione del giornale confermava la puntuale consuetudine della stampa di occuparsi della manifestazione connessa alla santa, alla quale il calendario poneva, in quello stesso giorno d’edizione, peculiare attenzione e pure, altrove, orientamento per una liturgica venerazione.
Le considerazioni, espresse dall’ignoto autore dello scritto di costume, ponevano in risalto la propensione della lieta giornata per una pacata riflessione, serenamente maturata a diretto riverbero sulla allora più recente immissione generazionale dei fanciulli nella società ad essi corrispondente, lanciata in una parabola esistenziale nascente, proiettata ad attraversare la loro acerba età imberbe: “(…) Davanti al vostro puro gaudio si distendano e si plachino le rughe che solcano la faccia contratta della nostra gioventù. Voi bimbi, che della guerra nulla avete saputo, aprirete oggi, le pupille brune e cerulee piene di stupore e di riconoscenza per i doni che la santa avrà recati nella notte. E perduri in voi la memoria tenera di questo giorno: possiate, ingenue creature, rievocare i sogni dell’infanzia, quando conoscerete il morso atroce delle delusioni: sappiate anche allora immaginare che la Santa cieca, ma veggente insuperabile, scenda dalle sue sfere leggendarie e rientrando con la sua bontà inesausta nel vostro cuore esulcerato vi spanda doni e sorrisi e conforti. Possiate guardare sempre la vita con lo sguardo limpido della fanciullezza che non ha conosciuti gli orrori e gli errori che turbarono la nostra giovinezza, la nostra virilità”.
Al di là dei doni possibili che, in quegli anni distribuiti a cavalcioni sul periodo del Primo conflitto mondiale, pare si dettagliassero, fra l’essenzialità e la genuinità imperante, nel manifestarsi fra l’altro, in “un galoppante destriero a dondolo”, in “un risuonante tamburello”, in “un piumato cappello da bersagliere”, in una bambola di stoffa o di porcellana, si materializzava sotto il cielo di quell’epoca un ulteriore omaggio da parte della suscitata e percorsa tradizione di santa Lucia che, nei termini della speranza e dell’elevazione dello sguardo nella limpidezza delle virtù, si apriva al domani, rinnovandosi in un pari auspicio a favore di un futuro migliore, rispetto al passato, analogamente ad oggi ricercato.