a cura di Michele Menini
San Pietro di Legnago (Verona) – E’ un colpo al cuore trovarsi di fronte a San Salvaro. Non ti aspetti, appena girato l’angolo, appena lasciato il paese, di trovarti di fronte a una simile chiesa.
La struttura in cotto declina infatti in maniera armonica gli elementi caratteristici dell’architettura romanica: la facciata a salienti, una pianta rettangolare a tre navate divise da semplici colonne che dalla navata centrale conducono con una gradinata al presbiterio sopraelevato.
All’interno una suddivisione tripartita e stratificata degli spazi: la parte plebana, l’area riservata ai fedeli, il presbiterio rialzato dove si svolgono i riti della liturgia, la cripta con i sepolcri; questa suddivisione rappresenta simbologicamente le tre chiese: la Militante (la plebana), la Trionfante (il presbiterio) e la Purgante (la cripta).
La luce, che è filtrata all’interno da monofore disposte nella facciata, al centro delle tre absidi e in corrispondenza del cleristorio, induce il fedele a una meditazione silenziosa.
La profonda spiritualità indotta dalla struttura della chiesa ha spinto don Giuseppe Trecca, singolare figura di sacerdote, storico e architetto, a curare agli inizi del secolo scorso il restauro dell’edificio sacro salvandolo dalla rovina.
Lo stato di abbandono in cui era caduto e gli interventi operati nel corso dei secoli hanno causato purtroppo la perdita di gran parte delle decorazioni delle pareti . Oggi sono visibili solo alcuni affreschi: una Madonna col Bambino, il viso del Salvatore, un’altra Madonna con angeli e sante, l’apparizione di Gesù a S.Tommaso, S.Pietro e S.Zeno.
Salendo la gradinata che porta al presbiterio, è la figura e l’immagine di Cristo, il mediatore tra Dio e l’uomo, che domina lo spazio sopraelevato. Al centro della trave iconostatica è collocato un grande crocifisso moderno.
Una monumentale statua di Cristo Risorto trionfa sull’altare maggiore, rifatto nel 1711. E Cristo è pure al centro dell’affresco del presbiterio, opera del veronese Daniele Dal Pozzo e datata 1539, che rappresenta la Trasfigurazione.
Nel timpano è raffigurato Dio Padre che manda lo Spirito Santo alla Madonna mentre l’arcangelo Gabriele le annuncia che diverrà la madre del Salvatore. La trasfigurazione di Gesù con gli apostoli ai suoi piedi è posta al centro del catino ed è contornata da decorazioni a motivi vegetali e da 15 medaglioni di profeti e santi.
La parte più antica e suggestiva della chiesa è la cripta, coperta da volte a crociera e divisa in quattro navate da tre pilastri quadrati sormontati da capitelli cubici ad angoli smussati. Fiancheggiano l’abside maggiore, sostenendo una calotta a botte, due colonne scanalate con capitelli corinzi di età tardo-romana.
Altri reperti, lapidi ed elementi decorativi attribuiti allo stesso periodo e utilizzati come materiali di recupero, testimoniamo la presenza di edifici romani nel territorio.
La devozione popolare medievale è documentata dall’immagine della Madonna della Misericordia nella cripta e molto venerata in tutto il Basso veronese: si tratta di una immagine trecentesca andata perduta e rifatta più volte riproducendo l’originale dal restauro novecentesco effettuato da don Trecca.
La figura di don Trecca è indissolubilmente legata al restauro della chiesa di San Salvaro. Per questa bella chiesa romanica il vulcanico sacerdote escogitò varie iniziative volte a raccogliere fondi. Ancora si tramanda in paese quell’anno in cui si inventò la presenza di un coccodrillo nei campi vicino alla chiesa.
Quel coccodrillo inesistente attirò moltissimi abitanti del legnaghese che una volta arrivati alla chiesa, non potevano andarsene senza prima aver lasciato un’offerta pro San Salvaro.
Don Giuseppe nacque a Verona nel 1871 e morì in provincia, a Negrar nel 1955. Fu un sacerdote di profonda spiritualità e di grande vivacità intellettuale. Arrivò a S.Pietro di Legnago fresco di ordinazione nell’autunno 1894 con l’incarico vescovile di collaboratore del parroco e di maestro elementare.