Verona. Si riaccende il grande schermo con gli appuntamenti della 29esima edizione del San Giò Verona Video Festival, il festival del cinema nell’ex Chiesa di Santa Maria in Chiavica. Si tratta di una rassegna internazionale di produzioni digitali, film lunghi e corti, che si propone come momento di riflessione sul linguaggio filmico, come proposta alle giovani e ai giovani interessati agli sviluppi del linguaggio cinematografico, e come momento di spettacolo.
Dal 23 al 27 luglio sarà proiettata una ricca e ricercata proposta di film e corti provenienti da tutto il mondo, tutti in lingua originale, con i sottotitoli. Cinque giorni di grande cinema internazionale: il direttore Ugo Brusaporco: “Amare il cinema significa scovarlo”. Organizzata dal Cineclub Verona in collaborazione con il Comune di Verona, propone circa 40 opere cinematografiche in cinque giorni con un appuntamento pomeridiano, alle ore 16, e uno serale, alle 21, il programma.
La programmazione debutta con la Prima mondiale del documentario “Rachmaninoff” di Elena Gladkova, per chiudersi con un omaggio a Verona con gli occhi del videomaker Matteo Ierimonte. Tutti gli appuntamenti sono liberi e gratuiti.
“Il San Giò Festival torna a essere promosso dal Comune di Verona – sottolinea la consigliera Alessia Rotta –. Un segnale importante di riconoscimento a quella che è un’istituzione tra le istituzioni e che ha portato a Verona personaggi di grande livello senza bisogno di tappeti rossi. Non sono solo questi 29 anni a rappresentare il valore del lavoro svolto, ma il fatto che il festival abbia delle caratteristiche che lo rendono importante per la vita della città, in termini di profondità, autonomia e indipendenza. Cinema impegnato sotto molti profili”.
“Il Cineclub Verona è l’associazione cinematografica più antica di Verona – spiega il presidente Michael Benson – perché risale al 1935. Nel 1944 sparirono i documenti durante la guerra, ma lo abbiamo fatto rinascere da zero e 29 anni fa Ugo Brusaporco ha fondato il Festival”.
“Per la prima volta, il San Giò Festival non è stato dedicato a nessuno, se non a se stesso – aggiunge il direttore Ugo Brusaporco – perché riteniamo importante, prima di fare il salto alla terza decade, riflettere sulla strada percorsa e sul senso che ha, oggi, organizzare un festival. La nostra strada si è delineata cammin facendo, grazie ai film che abbiamo scartato e a quelli che abbiamo scelto. Amare il cinema non significa stare seduti sul divano a guardare Netflix, ma andare a scovarlo”.