Verona – Panta Rei è un ampio progetto di Fondazione Cariverona dedicato al tema dell’acqua e dell’emergenza idrica, indagato attraverso i linguaggi delle arti visive in un’ottica transdisciplinare, a partire dalla propria collezione d’arte, in un intero anno di programmazione da settembre 2024 a ottobre 2025.
Panta Rei, con la curatela di Urbs Picta e la direzione artistica di Jessica Bianchera, declina la tematica in due ambiti principali.
In primis territoriale, con una riflessione sul rapporto tra Verona e il suo fiume e, in generale, sulle acque urbane, attraverso la mostra omonima a Palazzo Pellegrini, sede della Fondazione Cariverona.
L’esposizione Panta Rei inaugura il 20 settembre prossimo alle ore 18.00, arricchita dal Concerto per l’acqua a cura del Conservatorio di Verona E. F. Dall’Abaco, e resta visitabile fino al 30 agosto 2025. Venti opere, realizzate nell’ampio arco temporale che va dai primi del Settecento alla metà del Novecento – a partire dalla celebre Donna che nuota sott’acqua (1941-1942) di Arturo Martini che rinomina l’attuale Sala Basaldella in Sala Martini – offrono un’analisi della trasformazione urbanistica e, insieme, sociale e culturale della città scaligera in relazione all’Adige.
Inoltre, l’indagine territoriale prosegue con la residenza dell’artista e ricercatrice Oriana Persico, dal titolo evocativo Udatinos.
Sensibili all’acqua, oltre al vasto programma pubblico, che include un progetto di mediazione culturale, laboratori per scuole e famiglie, la rassegna cinematografica Gli stati dell’acqua (cortile di Palazzo Pellegrini, dal 26 al 29 settembre 2024 alle ore 21, preceduta da approfondimenti e performance alle ore 20.30), a cura di Diplomart – Bridge Film Festival, che con cinque titoli di diversa durata e differenti generi, dall’animazione al documentario, invita a riflettere sulla mutevolezza dell’acqua, fenomeno non solo poetico, ma in primo luogo ambientale. E ancora, la conferenza Luca Bochicchio: Arturo Martini e la Donna che nuota sott’acqua e la tavola rotonda Verona e il suo fiume.
Dalla visione particolare legata alla città l’indagine, quindi, si espande e abbraccia un ambito più universale, per un’analisi ad ampio raggio delle dinamiche legate alla crisi idrica anche in senso sociale e geopolitico, grazie alla mostra TOMORROWS – A Land of Water, a cura di Jessica Bianchera e Marta Ferretti, ospitata da Fondazione Cariverona nelle storiche sale di Castel San Pietro, l’imponente fortezza che dall’alto abbraccia con lo sguardo tutta Verona.
L’esposizione, che inaugura venerdì 11 ottobre alle ore 21.30 arricchita dalla live performance di Lorenzo Senni e dal dj set di Ritmica (programma musicale curato da Path Festival per il suo decimo anniversario), nell’ambito del programma “Art&TheCity” di ArtVerona 2024, presenta fino al 10 novembre 2024 opere video e installazioni di artiste internazionali, quali DAVRA research collective (Saodat Ismailova, Madina Joldybek, Zumrad Mirzalieva), Lina Dib, Elena Mazzi e Alberta Whittle.
Per una visione scientificamente più approfondita e declinando il carattere transdisciplinare del progetto, a marzo 2025 si terrà il convegno nazionale Acque, presente e futuro: stato e prospettive di tutela.
Venerdì 20 settembre, alle ore 18.00, la sede di Fondazione Cariverona in Palazzo Pellegrini a Verona presenta un nuovo percorso espositivo, a cura di Urbs Picta, che prende il nome e dà il via a tutto il progetto annuale, Panta Rei, qui dedicato alla tematica delle acque urbane indagata nella relazione tra la città scaligera e l’Adige.
L’allestimento propone, quindi, un’accurata selezione di venti opere della collezione di Fondazione Cariverona che, da inizio Settecento alla metà del Novecento, raccontano le trasformazioni della città veneta intorno alla sua arteria fluviale: dai primi insediamenti in epoca preromana allo sfruttamento del fiume come via d’acqua, dall’innalzamento degli argini alle attuali problematiche.
La storia di Verona è profondamente intrecciata a quella del suo fiume e le trasformazioni urbanistiche avvenute nei secoli non raccontano solo un cambiamento nella struttura della città, ma anche il mutare di attività, professioni e identità nei quartieri attraversati dall’Adige e, di conseguenza, un’evoluzione della città nel suo complesso.
L’arte ha registrato questi cambiamenti e la collezione di Fondazione Cariverona, che ha saputo prestare particolare attenzione alla produzione artistica sia locale che comunque legata alla città, può ora presentarsi come testimone e documento di questa trasformazione.
Fulcro del percorso espositivo il ritorno della Donna che nuota sott’acqua di Arturo Martini, capolavoro della scultura italiana del Novecento, grazie al quale lo spazio attualmente conosciuto come “Sala Basaldella”, nel cortile della sede di Fondazione Cariverona, si trasforma in “Sala Martini” con l’intento di accogliere e valorizzare la scultura in marmo di Carrara che l’artista realizzò tra il 1941 e il 1942, fra i pezzi di maggiore pregio della collezione della Fondazione.
La scultura raffigura una figura femminile dalle forme classiche e priva della testa, a simboleggiare l’essenza stessa del movimento e della forma, amplificando così l’energia plastica dell’opera e, allo stesso tempo, richiamando la condizione mutila delle sculture classiche che conferiscono un carattere mitico e atemporale.
L’opera rappresenta il perno fisico e concettuale di un progetto che rilegge non solo la sala, ma l’intero nuovo allestimento degli spazi in cui comunemente la Fondazione incontra il suo pubblico. Il progetto di riallestimento raccoglie il testimone della mostra uscente, Al Femminile, laddove la scultura si presta per un nuovo ragionamento su ruolo e lettura della figura femminile nella ricerca artistica contemporanea, riaprendo al contempo l’orizzonte di riflessione su altri temi trattati attraverso le progettualità legate alla collezione.
Oltre all’opera di Martini sarà possibile ammirare alcune pregevoli vedute, come Veduta di Verona con Castelvecchio e il ponte scaligero da monte dell’Adige (1745 circa) di Bernardo Bellotto, che presenta una prospettiva maestosa del fiume e delle sue strutture difensive, oppure Veduta di Verona con l’Adige e la chiesa di San Giorgio in Braida (1720 circa) di Gaspar van Wittel, che offre uno spaccato più tranquillo e contemplativo, enfatizzando l’armonia tra l’elemento naturale e l’architettura religiosa, oltre a particolari che richiamano l’operosità del commercio e dell’industria veronesi.
E ancora, Carlo Ferrari con Ponte Nuovo a Verona (1850-1860 circa) e Rubens Santoro con Canale dell’Acqua Morta a Verona (1890 circa), documentano il cambiamento dell’Adige in un contesto urbano in crescita e nel pieno fermento dell’industrializzazione, mentre artisti come Bartolomeo Bezzi con Case sull’Adige a Verona (1914) e Angelo Dall’Oca Bianca con Il Teatro Romano di Verona (1914-1942) registrano le trasformazioni più moderne e riflettono su come il fiume e i suoi dintorni siano diventati parte integrante del patrimonio culturale e storico della città.
Infine, le opere di Augusto Manzini, che con Mattino d’inverno (1930-1931) accoglie il visitatore all’ingresso del percorso espositivo, Angelo Zamboni con Sole d’inverno (1934 circa) ed Ebe Poli con La chiesa di San Giorgio in Braida di Verona (1949) offrono una sintesi delle ultime trasformazioni artistiche e urbane di Verona, catturandone l’essenza non solo all’interno del paesaggio urbano ma anche in campagna.
Inoltre, in occasione dell’inaugurazione di venerdì 20 settembre, l’acqua verrà declinata anche in un suggestivo viaggio sonoro tra voce e pianoforte, offerto dal Concerto per l’acqua a cura del Conservatorio di Verona E. F. Dall’Abaco, che vede protagonisti il soprano Cristin Arsenova e il pianista Mattia Casu.
Con approcci inediti e sempre suggestivi molti compositori si sono confrontati nei secoli con il tema degli elementi naturali, con particolare attenzione all’acqua. Claude Debussy, con La cathédrale engloutie e Ondine dai suoi Préludes, evoca visioni oniriche di cattedrali sommerse e ninfe acquatiche, utilizzando il pianoforte per ricreare trasparenze e movimenti effimeri dell’acqua. Fryderyk Chopin esplora la potenza dell’oceano nel suo Studio op. 25 n. 12, dove le note si muovono come onde impetuose.
Giuseppe Verdi, con Come in quest’ora bruna dal Simon Boccanegra, dipinge un paesaggio marino al tramonto. Gioachino Rossini, con La gita in gondola dalle Soirées musicales, ci regala un quadro vivace e leggero della vita sull’acqua, mentre Franz Schubert con Meeres Stille cattura il silenzio inquietante del mare calmo.
E Antonín Dvořák, con l’aria Měsíčku na nebi hlubokém (in italiano, Canzone alla Luna) affidata alla ninfa dell’acqua, crea una melodia di struggente delicatezza, in cui il carattere lirico e sognante si intreccia con la potenza evocativa dell’acqua come simbolo di mistero e di riflessione interiore. Attraverso la musica, l’acqua diventa un linguaggio simbolico che articola le tensioni tra il caos e l’armonia, la fluidità e la stabilità, rivelando così le profondità dell’interazione tra natura e arte.