giovedì 24 Ottobre 2024

Niki de Saint Phalle, donna, artista e femminista

Milano. Niki de Saint Phalle, ‘donna e artista’, come lei stessa amava definirsi, pittrice, scultrice, autrice di film sperimentali, performer, sfugge a una definizione univoca. Vissuta in un’epoca di grandi cambiamenti sociali e artistici, dal movimento femminista degli anni ’60 e ’70 al Nouveau Réalisme di cui fu protagonista, Niki de Saint Phalle è stata una delle artiste che maggiormente ha sfidato gli stereotipi di genere attraverso l’arte, esprimendo la propria identità attraverso la femminilità, la sensualità e l’amore per la vita come creazione.

Al Mudec Museo delle Culture la prima retrospettiva in un museo civico italiano delle opere della grande artista sino al 16 febbraio prossimo, a cura di Lucia Pesapane e in collaborazione con Niki Charitable Art Foundation.

Le sue opere monumentali, tra cui parchi e sculture pubbliche, si intrecciano con una riflessione più personale e a volte struggente. Da un lato, è vista come una celebrità indipendente e orgogliosa della sua arte; dall’altro, la sua fragilità fisica e le numerose disuguaglianze e discriminazioni sociali a cui ha assistito nel corso della vita ne fanno emergere la sua umanità e sensibilità nei confronti dei più fragili.

Amo le curve, le sinuosità, il mondo è rotondo, il mondo è un seno”.

Foto Carlotta Coppo

“Niki de Saint Phalle”, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, promossa dal Comune di Milano-Cultura e che vede come Institutional Partner Fondazione Deloitte, è resa possibile grazie alla collaborazione con la Niki Charitable Art Foundation, e porta a Milano 110 opere, di cui una decina di grandi dimensioni, oltre a una selezione di opere su carta, video, vestiti della Maison Diorche ricordano anche il suo passato di modella nei bellissimi scatti fotografici che la ritraggono e che contemporaneamente raccontano al pubblico una visione personale molto “pop” dell’arte, intesa come percorso verso l’affermazione del femminile.

A cura della critica d’arte Lucia Pesapane, che ha allestito numerose mostre e retrospettive su Niki de Saint Phalle in tutto il mondo, la mostra racconta in otto sezioni la carriera dell’artista, dagli esordi fino agli ultimi lavori, in un ritmo diacronico e fortemente antologico, che ripercorre, attraverso il mondo colorato, polimorfo, tondeggiante e materno delle sue Nanas (e non solo), una vita personale molto meno gioiosa. Negli anni l’artista ha dovuto spesso distruggere per elaborare il dolore e per poi ricostruire, rompendo gli schemi attraverso intense provocazioni, per lasciare alla fine un’impronta duratura nel mondo dell’arte.

La mostra “Niki de Saint Phalle” celebra l’artista franco-americana conosciuta per le sue grandi e colorate Nanas, ma ne rivela anche il lato impegnato attraverso una diversa lettura della sua opera. Famosa e oggetto di numerose retrospettive nel mondo negli ultimi dieci anni, Saint Phalle non ha ancora avuto l’occasione in Italia di essere riconosciuta come una delle grandi artiste del XX secolo, nonostante sia stata una delle protagoniste assolute della scena artistica d’avanguardia degli anni Sessanta e Settanta in Europa e negli Stati Uniti.

L’occasione di vedere a Milano l’opera di Niki de Saint Phalle in mostra al Mudec diventa ancora più unica perché nello stesso periodo sarà possibile ammirare le opere di un altro grande artista, Jean Tinguely, suo marito, in mostra presso Hangar Bicocca dal 10 ottobre. La città è legata a questi due artisti fin dagli anni Sessanta, quando ospitò la prima esposizione di quello che sarebbe diventato il gruppo dei Nouveaux Réalistes in cui Niki de Saint Phalle si distinse come l’unica donna.

Niki de Saint Phalle è oggi considerata come una delle artiste più importanti del XX secolo – spiega la curatrice della mostra Lucia Pesapane – Ha saputo, come pochi artisti prima, utilizzare lo schermo ed i media per promuovere la sua arte e il suo impegno sociale nei confronti delle minorità e dei più fragili, malati, bambini e animali. Questa responsabilità si è tradotta in un’arte gioiosa, inclusiva, in grado di veicolare attraverso opere comprensibili e amate da tutte le generazioni un discorso attento alle diversità, non-eurocentrico e non-gerarchico. L’artista fa breccia perché la sua opera parla di libertà e di diritti e ci dimostra che ribellarsi è sano, necessario, indispensabile. La sua arte ci offre un rimedio possibile contro l’ingiustizia, un conforto, è un accesso alla bellezza.”

Note sull'autore

Valerio Gardoni
Valerio Gardoni
Giornalista, fotoreporter, inviato, nato a Orzinuovi, Brescia, oggi vive in un cascinale in riva al fiume Oglio. Guida fluviale, istruttore e formatore di canoa, alpinista, viaggia a piedi, in bicicletta, in canoa o kayak. Ha partecipato a molte spedizioni internazionali discendendo fiumi nei cinque continenti. La fotografia è il “suo” mezzo per cogliere la misteriosa essenza della vita. Collabora con Operazione Mato Grosso, Mountain Wilderness, Emergency, AAZ Zanskar.
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