Valle del freddo-Lago di Iseo – L’ultima era glaciale, detta di Würm, s’è ritirata 20.000 anni fa, ma in una valletta sul fianco bergamasco del lago d’Iseo ha lasciato un piccolo segno: è lo strano fenomeno della Valle del Freddo.
La scoperta del minuscolo “parco preistorico” inizia con la simpatica vicenda di una stella alpina. Era il 1939, quando il botanico Guido Isnenghi si trovava in cammino nelle vallate dell’alto Sebino alla ricerca di specie botaniche, passando da Pingaiano nota una stella alpina sul cappello di un cacciatore, raccolta da poco. Intervistato dal botanico il cacciatore sostiene d’aver raccolto la stella alpina in una valletta ai piedi del monte Clemo.
Incuriosito, Guido Isnenghi si reca nella zona indicata dal cacciatore, una gola sinuosa a soli 350 metri d’altitudine, dove la temperatura esterna è bassa e buche del terreno alitano aria gelata. Oltre alle stelle alpine, Isnenghi nota una costante presenza di specie botaniche che vivono solo in alta quota.
La Valle del Freddo è un raro fenomeno, una vera e propria attività “respiratoria” formatasi nella dolina 15.000 anni fa quando scomparso il ghiaccio di superficie i detriti del fondo sono stati ricoperti di uno strato di humus che ha creato le condizioni per l’attivazione del fenomeno termico.
Nel deposito del pietrame di fondo esiste una fitta rete di intercapedini aeree comunicanti, si calcola che quasi un quarto dello spazio del deposito sia costituito da spazi vuoti. Durante l’inverno l’aria fredda viene aspirata, entrando in contatto con le pietre le raffredda a circa – 10 gradi, l’aria si riscalda ed esce dalle bocche. Le acque meteoriche delle piogge primaverili a contatto con la roccia gelida si trasformano in ghiaccio.
Durante l’estate il fenomeno si inverte completamente, l’aria calda esterna viene aspirata dalle bocche superiori e a contatto con il ghiaccio si raffredda sino a uscire dalle bocche inferiori con forte pressione e con temperature prossime allo zero. Fenomeno che si rilassa man mano sino all’autunno.
La riserva naturale della Valle del Freddo è stata riconosciuta come “biotopo” dalla Regione Lombardia il 3 dicembre 1981. Si trova sul territorio del comune di Solto Collina a un’altitudine di 350-700 metri e ha un’estensione di circa 70 ettari. Sul fondo della dolina sono state sinora rinvenute 32 specie vegetali caratteristiche del clima alpino, cioè di un ambiente totalmente diverso da quello che caratterizza l’area della Riserva.
Intorno alle “buche del freddo”, dove il terreno ha una temperatura molto bassa, si possono trovare specie dette “microterme” come ad esempio la Stella alpina, l’Erba dei camosci, Sassifraga, il Camedrio alpino, la rara e splendida Peonia selvatica e la Pinguicola alpina. Quest’ultima é una pianta insettivora le cui foglie carnose e ricoperte da peduncoli intrappolano gli insetti che vi si posano.
Tra gli arbusti presenti nella Valletta, molto diffusi sono i Rododendri pelosi dalle infiorescenze rosee, il Pino mugo e il Salice stipolato. Man mano che ci si allontana dall’area del fenomeno microtermico la vegetazione assume l’aspetto tipico del piano collinare. In primavera bellissimi tappeti floreali di pervinca caratterizzano il sottobosco, estese fioriture di Genziana, di Erica, di Timo e di Globularia ricoprono le pendici della valletta.
Le genti della zona ricordano la Valle del Freddo con l’antico nome di Valle del Diavolo. Secondo un’antica leggenda, infatti, un giorno il Diavolo decise di sfidare Dio. Lo invitò così sulla cima del Monte Clemo, da dove la vista poteva spaziare sulla Valle Camonica e lungo tutta la catena dell’Adamello, sulla Valle Borlezza fino al massiccio della Presolana, sulla Valle Cavallina fino a tutto il bacino del lago di Endine e sul lago d’Iseo e Monte Isola, fino quasi alle colline della Franciacorta.
La posta in gioco era naturalmente il dominio sulle anime che popolavano le quattro vallate sottostanti. La sfida consisteva nel lanciare il più lontano possibile uno di quei massi rossastri, arrotondati e grossi, che si trovano sparsi sui pascoli del Monte Cleno. Satana, sfidante, lanciò per primo e la sua pietra cadde su un colle della località Pratilunghi, posta dinanzi alla Valle del Freddo, rompendosi in quattro. Dio lanciò allora il suo masso che giunse addirittura al di là della valle, sui prati di Possimo.
Il Demonio era sconfitto e, per la collera, picchiò con tale forza il tallone sulla roccia che la montagna si spezzò, inghiottendolo fin nelle viscere dell’inferno. Da qui, il Diavolo iniziò allora ad alitare un vento gelido, una sorta di respiro malefico. In effetti le grosse pietre esistono, sono dei massi erratici portati dal ghiacciaio nell’epoca würniana, dalla Valcamonica.
Un’altra leggenda, quella”Busa del Mat Bunadöl”, narra che un cacciatore della cascina Bunadöla, il Mat Bunadöl, perdeva regolarmente Messa per andare a caccia con i suoi cani. Né la moglie, né il parroco riuscirono a distoglierlo da questa abitudine. Quando morì venne sepolto nel cimitero di Esmate, ma la sua cassa non voleva saperne di restare sotto terra e ogni due o tre giorni, al suono delle campane, affiorava dal terreno. Allora fu deciso di seppellirlo in un luogo recondito, dove non si sentissero le campane e per questo fu scelta l’isolata e silenziosa Valle del Freddo. La dolina profonda venne chiamata “Busa del Mat Bunadöl”.
Nelle notti di luna piena, però, si udivano anche là i suoi cani abbaiare e da allora in poi la faglia situata a lato del Monte Clemo, a est della Valle del Freddo, viene chiamata Valle dei Cani. La Valle del Freddo, insomma, è stata per molto tempo una valle misteriosa e un poco lo è ancora.