Fontanellato, Parma – Il Labirinto della Masone ospita per la primavera la nuova mostra Musca depicta. C’è una mosca sul quadro a cura di Sylvia Ferino ed Elisa Rizzardi, una grande esposizione dedicata alla presenza della mosca nell’arte.
Il piccolo insetto, che da sempre ha esercitato una particolare attrazione su intellettuali, letterati e artisti, diventa eclettico protagonista delle sale espositive del Labirinto, ripercorrendo le molte raffigurazioni – e riflessioni – che di questo ci sono state nell’arte, a partire dalla scuola di Giotto fino al contemporaneo.
La predilezione per l’insolito e il bizzarro che ha contraddistinto le pubblicazioni di Franco Maria Ricci lo portò quarant’anni fa a pubblicare uno dei suoi volumi più affascinanti, dal titolo Musca depicta.Dedicato al tema della mosca in pittura, con testi di Luciano di Samosata, Leon Battista Alberti, Luigi Pirandello, Giorgio Manganelli e con un saggio illuminante dello storico dell’arte André Chastel, magnifiche illustrazioni della pittura europea dal XV al XVII secolo raccontano alcune delle incarnazioni artistiche del ronzante dittero, da sempre considerato molesto, fastidioso e inopportuno, ma il cui fascino ha svelato nel tempo retroscena e curiosità controverse.
Nell’antichità la rappresentazione realistica di una mosca nel quadro poteva suggestionare diverse interpretazioni, dal monito cristiano di non cedere alla matericità del mondo, fino all’idea che l’effimero insetto potesse incarnare la fugace fama dell’artista, passando per l’inganno – il trompe l’oeil – che dimostrava il virtuosismo del pittore.
A tal proposito celebre è diventato l’episodio (raccontato prima da Filarete e poi, naturalmente, dal Vasari) secondo cui il giovane Giotto ingannò Cimabue aggiungendo in un dipinto del maestro una mosca così veritiera che Cimabue cercò più volte di scacciare, prima di accorgersi dello scherzo dell’allievo. Andato dapprima su tutte le furie, ebbe la riprova che il suo discepolo avrebbe avuto un raggiante futuro.
Anche dalla seconda metà del Quattrocento a tutto il Seicento, molti pittori si cimentarono nella riproduzione dell’insetto in composizioni sacre e profane. Questo scherzo illusionistico, che all’inizio serviva ad affermare la propria abilità tecnica (nel campo naturalistico e in quello anatomico, come diceva Leonardo, gli artisti avevano sempre preceduto gli studiosi), con il tempo si evolve e si declassa di significato, tra chi considerava la mosca simbolo mortuario e precario, fondamentale corredo di Vanitates e ricco di simbologie, e chi invece un insetto come tanti, trovatosi a dover competere nelle nature morte di bellissimi fiori e frutti con farfalle, bruchi, libellule decisamente più colorati e attraenti.
Più di cinquanta opere, tra tele, disegni, sculture e volumi manoscritti e a stampa, si snodano nel percorso espositivo secondo un preciso ordine tematico, ma come ricorda Leon Battista Alberti nell’Elogio contenuto nell’importantissimo incunabolo che apre la mostra, la mosca è libera: non conosce gerarchie né limiti di pertinenza.
L’atteggiamento positivo nei confronti del piccolo insetto da parte dell’Alberti – che arriva ad affermare: “E quindi di gran lunga sono superiori le mosche e per il loro grande splendore sono più illustri delle api” – viene presto ribaltato dall’interpretazione negativa che ne fa l’arte cristiana, testimoniata in mostra da opere del trecentesco Giovanni del Biondo o dal leonardesco Martino Piazza da Lodi.
Strettamente connessa alla tematica religiosa è quella del Memento Mori, del deperimento del corpo e dell’imminenza della morte: l’artista contemporaneo Damien Hirst, che più volte ha lavorato con questo insetto, partecipa con il suo Fear of Death (Full Skull), scultura raffigurante un teschio completamente ricoperto di mosche che riprende l’iconografia tanto presente nell’arte del Cinquecento. Colorate composizioni floreali dove una mosca ha deciso di posarsi realizzate da maestri del barocco olandese, come Willem van Aelst, tedesco, come Isaak Soreau, italiano, come la pittrice Giovanna Garzoni, decorano la sala dedicata alle nature morte e la condividono con alcuni dei più importanti volumi a stampa dedicati all’insetto: dalle riporduzioni acquerellate di Ulisse Aldrovandi agli eleganti disegni di Maria Sibylla Merian.
La mosca si posa anche su alimenti e animali, come nelle opere immobili e iperrealistiche dell’attuale Maurizio Bottoni, mentre nel video FLY di Yoko Ono è un corpo nudo ad esserne attraversato per 24 minuti. Infine, le api nella tela del caravaggesco Orazio Riminaldi riportano l’attenzione all’iniziale provocazione dell’Alberti.
La mostra Musca depicta. C’è una mosca sul quadro propone una panoramica di raffigurazioni della mosca con esempi dal XIV secolo fino ai giorni nostri, ampliando notevolmente il quadro delineato nel libro del 1984.
Le opere esposte sono prestiti importanti da prestigiose istituzioni nazionali e internazionali come le Gallerie degli Uffizi di Firenze, i Musei Vaticani di Roma, la Galleria Sabauda di Torino, il Musée du Louvre di Parigi, il Museo Nacional Thyssen-Bornemisza di Madrid, il National Historical Museums di Stoccolma e molti altri, oltre a numerose collezioni private e opere della Collezione Franco Maria Ricci.
Tra le caratteristiche fondamentali della mosca non poteva essere trascurato il suo particolare ronzio: colonna sonora della mostra è il brano La Folie des Mouches, Variazioni e Fuga su un Tema di Händel per Violino solo appositamente commissionate dal Labirinto della Masone al compositore Massimiliano Matesic: l’andamento di una danza barocca è trasfigurato in un virtuosismo allucinato e stridente, che alterna attimi di lirismo all’imitazione divertrente ma inquietante del ronzio delle mosche.
In occasione della mostra sarà pubblicato un nuovo elegante volume per le edizioni FMR, corredato come di consueto da preziose immagini di alcune delle più interessanti opere sull’argomento e con un testo di presentazione del tema a cura di Sylvia Ferino, la ristampa dello studio critico di André Chastel, un saggio storico-scientifico ed entomologico a cura di Lucia Tongiorgi Tomasi e Giuseppe Olmi (che hanno contribuito alla parte scientifica della mostra) e un approfondimento letterario di Carlo Ossola.