Mantova – La Galleria Arianna Sartori ospita mostra personale dello scultore bergamasco Gianpaolo Corna intitolata “Storie di Legni e di Arte”.
“Gianpaolo Corna è riuscito a formarsi come artista grazie alle proprie qualità artistiche”, spiega Maria Gabriella Savoia , “agli incontri importanti come con lo scultore Alberto Meli che sempre lo ha sostenuto, alla lettura e allo studio di volumi d’arte, all’osservazione della natura, e all’esperienza lavorativa presso un pittore restauratore, e con l’aiuto del passare degli anni, l’apprendimento e la maturità è diventato scultore nel pieno senso della parola.
Lo scultore da sempre vive in stretto rapporto con la natura, le montagne della bergamasca; infatti, il materiale prevalentemente scelto è stato quello che la natura gli metteva più a disposizione, il legno. Sempre alla ricerca del bello, nelle sue mani, assi, tronchi, rami con nodi particolari, legni appena tagliati o pezzi di legno anche tarlati, vecchi, segnati dal tempo, tutti di essenze le più diverse e dalle forme ricche di promesse…, nelle sue mani si trasformavano in base ad un disegno, a un progetto, a una contingenza, oppure rivelavano la forma che in essi erano ‘nascoste’ .
E questo che è stato il suo passato, con il tempo è diventato il suo presente destinato a realizzare le sculture che conosciamo, tutte assolutamente figurative, belle e sorprendenti, tra queste Barbone con cane, Don Chisciotte, Estate, Mugnaio, Flamenco, La lotta, Ragazza al vento, ricavate con modalità diverse da legni diversi.
Il lavoro per tanti anni da lui svolto come se avesse un dovere morale nei confronti della vita, realizzare opere belle!, ma il lavoro, questo lavoro, è da sempre fatto anche di fatica, l’uso di asce, martelli, scalpelli, frese, sgorbie, bulini, coltelli a punte rotanti, usati, richiedono certamente grande passione e grande sapienza, così per tutto questo possiamo dirlo, è inevitabile, per scelta di vita, sarà il suo futuro!”.
“Vedo le sculture di Corna a Grone, nel suo studio” aggiunge la critica d’arte Cecilia Cavalca. “Lo studio, sotto casa, è un ricovero di manufatti artistici e di oggetti quotidiani. Quelli che servono a lavorare la terra, ad aggiustare i materiali danneggiati dall’uso e a metterne insieme, se serve, di nuovi. Non c’è nulla di accessorio, di civettuolo o di spiritoso in quello spazio. Sono dentro un garage, una rimessa d’attrezzi di campagna, un angolo di falegnameria.
Mi accorgo subito che in tanta disarmante semplicità la mancanza di una seduta per fare accomodare chi entra, è una prima – inconscia? – provocazione. L’arte di Corna non ama i conversari. La stessa parola “arte” infastidisce Corna. Corna oggi ha cinquanta anni, ma si è cercato per molte strade e sa che occorre ancora del tempo per agganciare ai suoi lavori, anche a quelli che lì a Grone sono ancora sbozzati, una parola che dica compiutamente di un suo modo di rivelarsi.
Corna è uno scultore figurativo. Di proposito le sue opere sono concepite senza interporre filtri all’immediata riconoscibilità del soggetto. Lavorate in termini tali da suggerire che proprio in quel visibile va cercato il loro segreto, non hanno timore a manifestarsi con l’eloquenza delle immagini più popolari: la madre e il figlio, l’uomo e gli strumenti del suo lavoro, la coppia di amanti, i santi e i bambini. Si può dire con parole ancora più semplici che le sculture di Corna rifiutano l’astrazione e la loro forza sta nel dare a questo rifiuto un valore estremo.
Questo rigore ha una radice e una pietra di paragone: la sua terra e il suo maestro, Alberto Meli. Non si tratta solo di affari bergamaschi, legati ad un lembo di paese che da sempre pensa se stesso riannodando i fili della sua tradizione contadina: la natura è il luogo in cui stare, in cui l’arte si manifesta nella sua forma primordiale e da cui si traggono ispirazione e materiali. È piuttosto la scommessa, portata avanti con ostinazione, di riuscire a ritrovare nella felicità di quelle forme semplici, modellate con una padronanza sempre più sottile degli strumenti del mestiere, il legame che unisce la materia all’infinito”.