Reggio Emilia – Una mostra questa, seguita da James Bradburne, membro del Comitato Scientifico della Fondazione Palazzo Magnani e fondatore di CIRCI – Centro Internazionale di Ricerca sulla Cultura dell’Infanzia, che si sviluppa attorno al concetto di “quarta parete”, ovvero la capacità di coinvolgimento emotivo di uno spettacolo ben riuscito, capace di immergere lo spettatore nella storia messa in scena.
Quando una marionetta o un burattino rompe la quarta parete, conquista la fiducia del pubblico, dando allo spettacolo il potere di sfumare quella divisione tra palcoscenico e mondo, tra arte e vita.
A capirlo sono stati quegli artisti – protagonisti del mondo dell’Arte e Teatro di figura – che, piuttosto che liquidare le marionette e i burattini (in inglese si usa per entrambi il temine puppets) come semplici giochi per bambini, hanno preso sul serio il loro entusiasmo e hanno guardato al “gioco creativo” come a una fonte di ispirazione estetica per cercare nuove modalità di espressione visiva.
Mentre alcuni artisti vedevano il potenziale delle marionette e burattini per immaginare un mondo migliore, i satirici usavano spettacoli trasgressivi e pungenti per attaccare l’establishment politico. Rivolgendosi a un pubblico adulto e attingendo a una solida tradizione di satira politica del “teatro di figura”, i burattini, in particolare, sono stati usati anche per criticare le condizioni politiche e sociali.
Ad accogliere i visitatori ci saranno i costumi a grandezza naturale disegnati da Pablo Picasso per Parade, balletto coreografico che i Ballets russes di Sergej Djaghilev portarono in scena a Parigi nel 1917.
Poi una folla di puppets: le marionette (manipolate dall’alto) e i burattini (manipolati da basso), dagli esemplari più antichi, come i Pulcinella o gli Arlecchino della Commedia dell’Arte, a quelle di Otello Sarzi, reggiano di adozione, realizzate con materiali sperimentali.
Il modo in cui gli oggetti possono essere portati in vita e le conseguenze della loro autonomia hanno affascinato tanti artisti italiani come i futuristi Enrico Prampolini e Fortunato Depero: le marionette esprimevano un’estetica macchinica, erano astratte e, dopo la devastazione della Prima guerra mondiale, catturavano la triste realtà dei soldati di ritorno amputati e mutilati, come illustrato da Sironi, Carrà e De Chirico.
Grazie alla riscoperta da parte di Oskar Schlemmer del classico di Kleist Sul teatro delle marionette (1810), le marionette, i giocattoli e i giochi per bambini divennero un elemento centrale della pratica del Bauhaus nella Weimar degli anni Venti: Paul Klee, Andor Weininger, Lothar Schreyer, Sophie Täuber Arp e Oskar Schlemmer.
L’indagine si sposta quindi sull’avanguardia russa con “Le marionette e la Rivoluzione”. Quando Lenin e la moglie Natalia Krupskaya decisero di combattere l’analfabetismo e di formare il nuovo cittadino sovietico, capirono che l’uso delle marionette era l’ideale e, lavorando con artisti, architetti e scrittori di primo piano, figure come El Lissitzky, Aleksandra Ekster, Nina Efimova, hanno sperimentato nuove forme di teatro per bambini.
Alla fine del XIX secolo, sull’onda dell’orientalismo, le classiche marionette giavanesi cominciarono ad apparire sulle scene europee. L’artista e illustratore austriaco Richard Teschner, in particolare, sviluppò l’arte della marionetta a bastone fino a raggiungere un punto culminante, che influenzò artisti da Parigi a Mosca.
L’esposizione si completa con un omaggio a Otello Sarzi (Vigasio, VR 1922 – Reggio Emilia 2001) grazie alla stretta collaborazione con la Fondazione Famiglia Sarzi. Nato da una tradizione di burattinai che durava da generazioni, Otello Sarzi entrò in contatto con alcuni dei protagonisti della scena artistica, teatrale e cinematografica dell’epoca e oggi rappresenta, in Italia, uno dei momenti più alti e importanti del “teatro di figura” nel secondo dopoguerra.
Due palcoscenici, una baracca e un castelet, allestiti nelle sale a piano terra, consentiranno a tutti i visitatori di cimentarsi con il teatro di figura. Grazie alla collaborazione con la compagnia Carlo Colla di Milano e l’Associazione 5T di Reggio Emilia, un ricco programma di micro-spettacoli, interpretati da professionisti, animerà i fine settimana per tutta la durata della mostra. Vedendoli all’opera c’è da chiedersi: “I burattini vanno in paradiso quando muoiono?”, domanda del tutto naturale, collocandosi i puppets in una zona grigia, tra creature viventi e oggetti inanimati.