Casalmaggiore, Cremona. Al Museo Diotti ogni nuova mostra di Brunivo Buttarelli è sempre un evento e insieme una sorpresa, anche quando presenta, in contesti diversi, opere già note. “Lucente Luna d’acciaio per senni e oggetti perduti” il titolo della mostra fino all’8 gennaio 2023.
Lo è a maggiore ragione in questa occasione in cui l’artista propone tredici sculture inedite intese a comporre una serie, ovvero un ciclo tematico preciso, pur nella compiuta autonomia formale di ciascun pezzo. L’idea che sorregge l’impresa, ispirata a uno dei maggiori poemi del Cinquecento, è scaturita dall’incontro, in occasione della Biennale di Scultura di Soncino, con Guido Oldani, fondatore del Realismo Terminale e poi in particolare con Tania Di Malta, poetessa, e Giuseppe Langella, professore di Letteratura Italiana all’Università Cattolica di Milano.
L’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto è quindi divenuto il tessuto narrativo che pone in dialogo il lavoro artistico di Brunivo Buttarelli e l’opera poetica degli autori che si riconoscono nel Manifesto del Realismo Terminale (2014). A questi Brunivo Buttarelli, avvertendo l’affinità tematica con la propria ricerca artistica, ha chiesto un componimento da cui potesse scaturire un commento o una semplice suggestione legata ad ogni singola opera, “creando – per citare le parole dell’artista – un abbraccio artistico poetico».
Nel suo insieme l’installazione – come avverte Langella – «andrà letta come un grido d’allarme davanti alla dissennata follia degli uomini, accecati da un insulso delirio di onnipotenza […] donde la proliferazione di ordigni sempre più sofisticati e devastanti, […] la frenesia compulsiva dei consumi, gli attentati irreparabili all’ambiente», temi questi – di denuncia del destino ultimo dell’uomo, in costanza di un’imminente catastrofe, – che sono parte della ideologia del movimento milanese.
Ma, andando oltre la retorica della denuncia, qui sono la poesia e l’arte, la potenza e la bellezza delle forme a parlare. In questo tempo perennemente “armigero”, oltre al monito intorno ai “senni ed oggetti perduti” sulla Luna, colpisce l’assalto al cielo portato da Buttarelli-novello Astolfo, con la conseguente incursione e inclusione del blu nelle sue opere, un colore che già aveva fatto capolino nell’eruzione vulcanica trasposta in una fascinosa scultura-scenografia del 2013, Napoli-Buenos Aires. Andata e ritorno, ora esposta nella sezione permanente del Museo Diotti.
La lontana esperienza di paletnologo con cui Buttarelli ha imparato a leggere preistoria e storia umana negli scarti e nei rifiuti, ancor prima che nelle forme più alte delle civiltà, lo spinge ora a sondare nei depositi di naufragi satellitari e nelle pattumiere celesti incuneate nei crateri di lune metalliche, traendone bagliori di relitti tecnologici pronti a ricomporsi, secondo la sua maestria fabbrile e volontà d’arte, nelle figure di Ippogrifo e della Discordia o nelle armature ortopediche di Rodomonte e Ruggero.
Nella mostra e nel catalogo le opere sono affiancate dai componimenti poetici di Guido Oldani, Giuseppe Langella, Tania Di Malta, Emanuela Gelmini, Francesco Sainato, Izabella Teresa Kostka, Annachiara Marangoni, Beppe Mariano, Alessandra Vinotto, Pino Canta, Angelo Francesco Puma, Marco Bruni, Stefano Giorgio Ricci e Stefano Torre.
A dilatare gli argomenti nell’immaginario post-ariostesco, tra arte e scienza, è allestita al primo piano del Museo la piccola mostra collaterale “Dalla Terra alla Luna”, curata da Valter Rosa e comprendente, fra l’altro, due incisioni originali di Hogarth e Goya, nonché libri illustrati di Gustave Doré, Jules Verne e Camille Flammarion relativi ai temi del volo, della conquista della Luna e della colonizzazione dello spazio.