Lovere, Bergamo. L’Atelier Tadini ospita la mostra “Lovere romana. Dal tesoro alla necropoli”, che verrà inaugurata il 2 marzo. Saranno esposti sino al 2 giugno alcuni fra i reperti più preziosi rinvenuti nelle campagne di scavo che si sono susseguite nel tempo, tra cui monili, anelli, suppellettili e corredi che raccontano la storia della Lovere romana e delle genti che vi si insediarono fra il I e il IV secolo d.C.
La mostra è il frutto di un lungo e intenso lavoro di collaborazione tra il Comune di Lovere e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Bergamo e Brescia.la mostra intende illustrare, attraverso l’esposizione di alcuni significativi corredi portati alla luce grazie allo scavo della necropoli scoperta in località Valvendra, l’importante ruolo di Lovere in età romana, quando il territorio gravitava sulla Valle Camonica. Da un’iniziale condizione di semidipendenza da Brescia, la Valle passò velocemente a Civitas e quindi a res publica.
Centro giuridico politico e amministrativo era Cividate Camuno, vera e propria città romana con edifici e spazi pubblici monumentali di cui sono stati parzialmente scavati e valorizzati le terme, il foro e il quartiere degli edifici da spettacolo con un teatro e un anfiteatro. Lovere non era una città, ma poteva essere considerata un insediamento con un apparato amministrativo proprio come vicus o, più probabilmente, un emporium, una sorta di propaggine e di avamposto meridionale della Civitas Camunnorum.
Il centro, posto in posizione strategica alla testa del lago d’Iseo, doveva svolgere una funzione di emporio e di raccordo dei contatti commerciali e culturali tra il Sebino, la Val Borlezza, la Val Cavallina e la Val Camonica. Ad oggi non è stata individuata alcuna traccia di Lovere romana, con l’eccezione di due iscrizioni con dedica a Minerva trovate nei pressi del monastero di San Maurizio. È, dunque, la vasta necropoli emersa fin dagli inizi dell’Ottocento lungo le attuali vie Martinoli e Gobetti a testimoniare la ricchezza e l’importanza di Lovere. Come di consueto nel mondo romano, la necropoli si sviluppava all’esterno dell’abitato, lungo la strada di collegamento con la Valle Camonica. Era organizzata in grandi recinti funerari in muratura, che delimitavano spazi riservati a gruppi famigliari o collegiali. Le indagini archeologiche ne hanno individuati almeno sei. L’alto numero di tombe e le caratteristiche dei corredi dimostrano la prolungata continuità d’uso dell’area, dal I al IV secolo d.C.
La mostra “Lovere romana. Dal tesoro alla necropoli” sarà visitabile, gratuitamente, fino al prossimo 2 giugno (venerdì e sabato dalle ore 15 alle 19; domenica e festivi dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 15 alle 19), ma altri importanti appuntamenti sono in agenda nelle prossime settimane: sabato 16 marzo, nella Sala degli Affreschi dell’Accademia Tadini (alle ore 17), verrà presentato il volume “La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino”, a cura di Maria Fortunati, già funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, e dell’archeologa Chiara Ficini; infine, sabato 6 aprile, nella stessa sede, si svolgerà la giornata di studi intitolata “E dell’oscura morte al passo andare”, organizzata dalla Rete PAD-Paesaggi Archeologici Diffusi, nel corso della quale i relatori si confronteranno sulla tematica della morte e sui rituali, sui simboli e sulle credenze che attraversano lo spazio e il tempo sotto l’aspetto archeologico, storico-artistico e sociale. Al termine dei lavori si terrà una tavola rotonda in cui gli argomenti dibattuti nel corso della giornata di studi saranno affrontati dal punto di vista antropologico.