Casalmaggiore, Cremona. A trent’anni dalla scomparsa, il Museo Diotti dedica un’ampia antologica al pittore Paride Falchi, nato a Casalmaggiore nel 1908 (Sabbioneta, 1995), Dal titolo: L’emozione del paesaggio. Sono difatti i dipinti di paesaggio, la principale specialità, ritratti e autoritratti particolarmente intensi, preziose nature morte, disegni spesso sorprendenti, scelti dal curatore Valter Rosa, documentano in mostra il suo straordinario talento artistico, dispiegato nell’arco di oltre sessant’anni di vita operosa interamente dedicata alla pittura. 
Cresciuto in una città d’arte, Sabbioneta, quando ancora non era meta del turismo, dopo un lungo apprendistato presso un pittore-decoratore di talento, Luigi Bonfatti Sabbioni, che lo ha familiarizzato con le tecniche pittoriche, Falchi ha frequentato a Casalmaggiore la Scuola di Disegno “Giuseppe Bottoli” affinando l’uso degli strumenti legati al disegno. Sulle orme del maestro, ha poi intrapreso, sino ai primi anni ’40, l’attività di decoratore. Dopo la Seconda Guerra, si è dedicato totalmente alla pittura da cavalletto, con una speciale predilezione per le riprese en plein air sotto ogni condizione stagionale e ambientale, con la nebbia, la neve, in luoghi umidi, fuori dai percorsi battuti, ma in sintonia costante con un paesaggio antropizzato, dove talvolta la natura – specie quella dei cieli – prende il sopravvento.
Questo interesse per le riprese dal vero e sur le motif, con una particolare sensibilità per il variare delle condizioni luministiche e atmosferiche, attraverso il linguaggio di una pittura fondamentalmente tonale, lo porta a superare i limiti del genere, addomesticando le bellezze monumentali delle città e rendendo significativi gli angoli più modesti della campagna e dell’architettura rurale, attraverso pennellate rapide, libere e decise, talora cariche di materia o liquide sino alla smaterializzazione, che lambiscono l’informe (mai l’informale astratto) come intima fusione con l’impressione e superamento delle cose finite.
Artista fondamentalmente riservato, lontano dalla mondanità e da preoccupazioni autopromozionali, ha avuto come principali compagne di vita la sua famiglia e la pittura; pur consapevole dell’evoluzione dei linguaggi contemporanei, se ne sentiva estraneo, ma intratteneva rapporti di frequentazione e amicizia con artisti del suo tempo come Luigi Tagliarini, Palmiro Vezzoni, Tino Aroldi e Alessandro Dal Prato. Fu quest’ultimo, pittore e critico d’arte, che ne promosse la conoscenza nel 1978, con un
a memorabile mostra voluta dal figlio Aldo (scultore) presso la Loggia delle Pescherie di Giulio Romano a Mantova, rivelandolo come uno dei più sensibili interpreti della pittura di paesaggio. L’apice della notorietà lo raggiunse negli anni ‘80, anche grazie al critico Renzo Margonari che ne seguì tutte le tappe espositive, oltre che attraverso un documentario a lui dedicato, prodotto da Rai Tv nel 1986.
Attivo sin quasi alla fine, ma impossibilitato a proseguire le sue riprese all’esterno, negli ultimi lavori Paride Falchi ha concentrato lo sguardo sullo spazio domestico, miniaturizzando il suo mondo pittorico in piccole, incantevoli nature morte.
La mostra, attingendo alle opere e all’archivio amorevolmente conservati dal figlio Donatello (attore) e dai nipoti Ombretta e Fabio, propone un centinaio di opere, fra dipinti e disegni, esposte nello spazio della sala Rossari e in altre sale del percorso storico del Museo Diotti in dialogo con temi e periodi di altri artisti che furono suoi compagni di strada.
