Tra i fiori ed i risvolti ondeggianti del fieno sui campi, il luogo pare abbinarsi al profondersi di quel navigare che si accasa nel denominare la località, con il nome di Navate, e con il chiamare, invece, “Fiorita” il vicino cascinale, contraddistinto, fra l’altro, dalla tipica ripartizione tra ambiente rurale e dimora padronale.
In tale assortimento, non manca, nei pressi, una ispirata traccia devozionale. A pochi passi dalla strada provinciale orceana, ancora nell’orbita del capoluogo bresciano, più che nel defilarsi della provincia inoltrata, questo scampolo di campagna assegna a Lograto la mistica collocazione campestre della “Santella dei Morti di Navate”.
L’allusione ai trapassati è, qui, esorcizzata rispetto al mistero sovrano dell’aldilà, attraverso le innumerevoli e puntuali primavere dell’al di qua che, ogni anno, danno il via alle danze di una terra gravida di una solenne produttività.
I morti se li fila la memoria insistente del nome che vuol, a non meglio identificati estinti, assegnare un’esclusiva titolarità.
In realtà, il mostrarsi più esplicito di questo circoscritto edificio di venerata ispirazione è nell’epigrafe, oltre modo evidente, appalesandosi alquanto successiva all’edificazione della struttura stessa, che dettaglia il monito “Si entra per pregare, si esce per amare”.
Ammaestramento in sintonia con le innumerevoli pertinenze religiose del luogo, delimitato, secondo tanto di muretto con cancellata, facendo ben vedere all’interno, crocifissi, rosari, icone e statue di agiografiche figure, ammantate di santità, come, ad esempio, il “papa della bontà”, Giovanni XXIII, rappresentato in più di un suo primo piano, insieme ad altre impronte cristiane, fra le quali domina ciò che resta di un antico affresco, raffigurante Maria santissima, fra san Rocco e san Giuseppe, padre putativo del Cristo.
Opera collocata sulla parete al coperto di questa santella, dalla base caratteristica di forma allungata in una base rettangolare, in relazione alla quale, tale murale manufatto artistico, sfoggia, unitamente alla scritta “Ave Maria”, come una chiara devozione mariana, raccolta nella figurazione di angeli festanti in una cornice sagomata, situandosi nella metà del lato più lungo della struttura stessa dove sussiste anche un altare, a sua volta, significativo dell’epigrafe inneggiante a Maria, “Regina della Pace”.
Per andare alle ragioni del nome di questa santella, occorre documentarsi presso alcune fonti bibliografiche che assegnano ai suoi perimetri il nesso con un certo qual numero dei caduti di un presunto scontro minore della nota battaglia di Maclodio del 1427 che pare abbiano avuto in sorte, nel subentrato loro oblio, l’incombere di tale volumetria commemorativa, nel verso prospettivo della proporzione degli spazi che, in un certo qual modo, sembra siano stati interessati all’estremo strascico terreno della loro vita.
L’enciclopedia bresciana recita, infatti, a proposito della zona che: “(…) Su una strada non secondaria come la Brescia – Orzinuovi – Crema – Milano, il 12 ottobre 1427 Lograto registrò i movimenti di truppa che prepararono e seguirono la battaglia di Maclodio, mentre, episodi della stessa battaglia vennero combattuti a quanto sembra in località Navate, dove esiste ancora oggi una cappella chiamata “I morti di Navate” (…)”.
Ipotesi, confutata nel volume, intitolato “Breve storia del piccolo borgo Navate”, di Ivan Mussio nel quale, a proposito del tema, si esplicita che, in relazione alla “Cappella dei morti di Navate: nessun documento attesta che la cappella contenga i resti dei militi della battaglia di Maclodio, peraltro, incruenta, (circa 8 morti). Piuttosto, la cappella è da datarsi 1630, anno della famosa peste del Manzoni. Con questa calamità, la popolazione fu sfoltita di quasi il 50%, pertanto fu necessario in tutte le località costruire dei lazzaretti (ricoveri per appestati). Probabilmente, un lazzaretto venne costruito in quel luogo e serviva le località Casaglia, Torbole, Lograto e Navate. Pertanto, l’edicola dei “morcc dei nàat” è da rienersi la cappella commemorativa dei morti della peste e difficilmente in quel luogo sorgeva l’originaria chiesa di Navate, da ricercarsi, invece, nel borgo”.
L’edificio reca marcate antichità sul retro, con i rinforzi in minuti laterizi tipici di vetuste architetture, mentre, per il resto, l’insieme sembra, in tutto, porsi ad insediamento, sobrio, essenziale e pure, all’apparenza, recente, tanto da non esprimere nemmeno l’impatto visivo di quella remota origine che vi si reputa, invece, pertinente, come, per altro, un pezzo di marmo incastrato a sporgenza sul lato settentrionale della struttura va attestando, con l’indicazione epigrafica assegnata al secolo XVI, contestuale alla concomitante citazione della versione propria dell’originaria denominazione, nel vernacolo bresciano, della santella in questione che, mostra non lontano dall’affresco, un tondo, in rilievo, con al centro i contorni di un cuore, assurto a riferimento devozionale.
Una moderna segnaletica stradale, secondo il genere che mappa i territori, evidenziando, sullo sfondo marrone delle sue ricorrenti indicazioni svettanti, le attrattive locali, la fa, invece, risalire al “XVIII secolo”, definendo, la presenza della medesima santella, in aderenza ad uno svincolo di passaggi, implicati nella testualmente esplicitatavi “Duathlon tra Cascine e Fontanili”, con la rappresentazione grafica sia di chi corre che di chi procede in sella ad una bicicletta, evocando “14 chilometri”, quale percorrenza di un chilometraggio come la stessa corrisponde presumibilmente al percorso calato in zona, per la menzionata specialità sportiva di un procedere abbinato fra il un correre via ciclismo ed appiedato.