La potente attrazione della luce di Tommaso Aroldi, pittore e architetto (1870-1928), è ospitata, dal 21 ottobre al 31 dicembre in due mostre: a Casalmaggiore al Museo Diotti e una sezione collaterale a Guastalla a Palazzo Ducale, curata da Valter Rosa.
Al Museo Diotti l’evento è frutto di un articolato percorso di ricerca, questa mostra costituisce, di fatto, la prima personale di Tommaso Aroldi (Martignana di Po, 1870 – Solarolo Rainerio, 1928), pittore e architetto formatosi fra le Accademie di Parma e di Firenze dal 1885 al 1892 e attivo in un’area abbastanza estesa della Bassa, comprendente Casalmaggiore e la provincia di Cremona, con significativi sconfinamenti nel Mantovano e nel Reggiano.
Artista poliedrico, ha operato praticamente in ogni campo: pittura da cavalletto, decorazione pittorica e plastica, sia nei luoghi di culto che in quelli civili, architettura, scenografia, design, grafica e cartellonistica. Si è dedicato inoltre all’insegnamento come professore di disegno presso la Scuola di disegno “G. Bottoli” di Casalmaggiore dal 1904 al 1920 e ha ricoperto il ruolo di Ispettore onorario per la tutela dei monumenti.
La sua prima produzione rivela una straordinaria abilità disegnativa e pittorica che riflette l’influsso della pittura di macchia e, subito dopo, delle ricerche sulla luce dell’Impressionismo e del Divisionismo. Fu quella l’epoca della sua partecipazione ad importanti esposizioni italiane cui seguì invece un ripiegamento sul locale, in una dimensione crepuscolare con accenti simbolisti, con un progressivo allentamento dell’attività di pittore da cavalletto, dedicandosi in modo esclusivo all’insegnamento e a una fagocitante attività di decoratore e architetto. Disegnò nell’ultima parte della sua vita molte case, ville e palazzine del territorio, alcune veramente singolari, altre particolarmente riuscite nell’intento di sposare le forme dell’Art Nouveau e del Liberty agli stili storici e alle tipologie più legate alla tradizione.
La sua vastissima produzione, concentrata nell’arco di un trentennio, ha inciso profondamente sull’aspetto della città di Casalmaggiore, sia sul piano urbanistico sia nella dimensione più intima dell’abitare: fu essenzialmente un artista organico alla borghesia dei nuovi professionisti ed imprenditori che localmente andavano a gara per avere il disegno di una facciata, un soffitto dipinto, un suo progetto per un negozio, i mobili di un ufficio.
Destreggiandosi fra un cantiere e l’altro, talvolta simultaneamente, coinvolgendo i più bravi artigiani del luogo (fabbri, stuccatori, cementisti), oltre ai suoi più promettenti allievi della Scuola di disegno, Aroldi diede prova anche delle sue capacità imprenditoriali allestendo quella che si può considerare, soprattutto per le arti applicate, una vera e propria industria artistica. Particolarmente intensa fu la sua produzione per i luoghi di culto, intervenendo spesso a completare o rinnovare interi cicli decorativi.
Presso la Sala del Camino del Palazzo Ducale di Guastalla viene presentata, a cura della Biblioteca Maldotti e del suo direttore Ivan Cantoni, una selezione dei cartoni disegnati da Tommaso Aroldi nel 1917 per la “Camera Egizia”, una sorta di salotto-wunderkammer in stile orientalista, situato al piano terra dello stesso edificio. Il committente, e probabilmente anche l’ideatore, è l’imprenditore Flavio Mossina, proprietario di una delle prime e più importanti fabbriche di compensati d’Italia. Egli acquista lo stabile nel 1896 e dà inizio a una singolare reinvenzione dell’intero palazzo, che gli giunge già profondamente trasformato rispetto all’epoca gonzaghesca. Per la ditta “Trancerie Flavio Mossina” l’antico simbolo della signoria dei Gonzaga diventa sede amministrativa, per la famiglia luogo di residenza. L’intervento più inconsueto e sorprendente è proprio la realizzazione della “Camera Egizia”, decorata da un complesso sistema di tarsie lignee e pannelli dipinti.
La sala viene smantellata nel 1986 e il suo contenuto finisce sul mercato antiquario. Le ricerche connesse alla mostra promossa dal Museo Diotti hanno permesso di riportare in luce i disegni preparatori di Tommaso Aroldi e di ricostruirne il sistema iconografico.