Tesori inattesi, antiche città da riscoprire, nuove rivelazioni da esplorare. È un’Emilia meno nota l’Emilia archeologica, ma ricca di fascino e di musei e reperti straordinari che permettono di ricostruire la storia del territorio che abbraccia le province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia, e di gran parte dell’umanità. Una storia che proietta i visitatori nel mondo romano, etrusco e di antiche popolazioni che dalla preistoria hanno lasciato in Emilia le loro tracce.
Con Visit Emilia, ente di promozione turistica della destinazione rinominata “la terra dello slow mix”, eclettica e sorprendente, dove ogni viaggio è un’esperienza unica tra cultura, natura ed enogastronomia, visitare l’Emilia è compiere un viaggio tra epoche diverse che si intrecciano con meraviglie rinvenute dal cuore della storia.
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI PARMA
Tra i più importanti musei dell’Emilia e tra i più antichi d’Italia c’è il Museo Archeologico Nazionale di Parma (attualmente in attesa di una nuova veste espositiva), nel Complesso della Pilotta, in cui ammirare non solo i preziosi reperti emersi dalla città romana di Veleia, ma anche meraviglie emerse sul territorio del Parmense dal Paleolitico all’Alto Medioevo. Ci sono le collezioni egizie, greche, romane e etrusche, le 12 statue della famiglia Giulio-Claudia e la celebre Tabula Alimentaria provenienti da Veleia. Il Museo fu fondato nel 1706 in concomitanza con l’esplorazione di Veleia e fu il primo in Italia settentrionale legato ad un’impresa archeologica. Fu la duchessa Maria Luigia ad arricchire il museo con altre collezioni antiche e a collocarlo nel Palazzo della Pilotta.
Dal 23 dicembre 2021 al Palazzo della Pilotta è possibile accedere all’Ala Nuova, una delle sezioni museali più innovative della museologia italiana contemporanea. Una nuova zona, completamente restaurata, è stata riaperta al pubblico svelando tesori mai visti prima. L’Ala Nuova è il frutto di tre cantieri paralleli che, a seguito di interventi di ripristino e riqualificazione, hanno permesso la creazione di una nuova Sala Ceramiche dove le collezioni greche, etrusche, italiche e romane del museo vengono esposte in modo unico al mondo e spettacolare, collocate singolarmente o a piccoli gruppi, in ordine cronologico, in teche di vetro.
Proseguendo il percorso ci si ritrova nelle due Sale Egizie, dove è stato creato un ambiente immersivo che evoca le camere funerarie nella quale sono riuniti importanti reperti della collezione egizia, in essa troviamo corredi funerari, splendidi sarcofagi e la mummia della collezione parmense. Alla riqualificazione degli spazi interni dell’ Ala Nuova corrispondono, inoltre, il rifacimento e il restauro dei prospetti esterni della facciata, disegnata dall’architetto neoclassico Ennemond Alexandre Petitot, e del maestoso giardino davanti ad essa ricavato sulle rovine dell’antica cavallerizza ducale.
IL MUSEO DELLA VASCA VOTIVA DI NOCETO
Inaugurato ad ottobre 2021, il nuovo Museo permanente per l’esposizione della Vasca Votiva e dei reperti ritrovati di Noceto (PR) rivela la storia della Vasca Votiva di Noceto, eccezionale monumento della civiltà terramaricola dell’età del Bronzo, che ha modificato le attuali conoscenze sul periodo storico. La cultura terramaricola è considerata una delle più significative civiltà dell’Europa protostorica. Fra il XVI e il XII secolo a.C., i grandi villaggi “terramare” erano delimitati da palizzate lignee, terrapieni e fossati, entro i quali le abitazioni erano disposte in allineamenti regolari, nei pressi di corsi d’acqua.
Le capanne, monofamiliari, erano costruite su impalcati simili a palafitte innalzate su terreni asciutti. La vasca lignea era originariamente ubicata al margine della “terramara” di Noceto, che fu distrutta nel XIX secolo e di essa resta solo la forma del terrazzo su cui si trovava, tagliato da un fossato a monte e limitato a valle da un corso d’acqua. La vasca, che era sempre piena d’acqua, rivela un’accurata progettazione, approfondite nozioni di ingegneria, geotecnica e silvicoltura, grandi capacità organizzative ed un ingente investimento di lavoro e risorse.
Per la sua realizzazione fu scavata una cavità di 20 x 14 metri e profonda oltre 4, entro la quale fu costruita la vasca, ampia 12 x 7 m. Probabilmente aveva una funzione rituale. Al suo interno sono stati ritrovati oggetti accuratamente deposti, come gli oltre 100 vasi, vasetti miniaturistici, figurine di animali e manufatti in legno. La vasca di Noceto rappresenta anche uno straordinario archivio per lo studio della vegetazione dell’età del Bronzo, poiché in essa sono conservati pollini e macro resti vegetali, che rivelano un paesaggio di pascoli cespugliati e coltivi.
Parma Sotterranea – percorso della GALLERIA DELLE FONTANE
Nei sotterranei del centro storico di Parma, la Galleria delle Fontane, a cui si può accedere con visita guidata, venne realizzata nel 1840 per volontà di Maria Luigia per ammodernare e rendere sostenibile l’antico acquedotto farnesiano, costruito nel 1574 su commissione di Ottavio Farnese; il condotto si configura come una galleria ispezionabile in cui le tubazioni erano un tempo collocate su mensole in cotto, in modo tale da permettere una tempestiva individuazione delle perdite.
Al di sotto di Piazza Garibaldi esisteva già una piccola galleria, con medesimo uso, voluta da Ranuccio II Farnese nel 1678. Ancora nell’800 gli allacci privati erano pochi e spesso comunitari per uno o più edifici; per una distribuzione domestica bisogna attendere il nuovo acquedotto inaugurato il 15 luglio del 1900, grazie alle grandi gallerie filtranti di Marano, situate a circa 10 km a sud-est della città.
Il cunicolo, inoltre, è introdotto da una serie di ambienti il cui studio ha permesso di far luce su alcune problematiche circa l’evoluzione della piazza nell’ultimo quarto del XIII secolo e che permettono di ripercorrere la storia di questi luoghi caratteristici grazie ad un racconto strettamente legato al ruolo dell’acqua nei secoli. Il percorso termina con la risalita in superficie attraverso un’apposita struttura nella centrale via Farini.
È tra le più importanti testimonianze del mondo romano presenti in Nord Italia, l’antica città di Veleia scoperta a fine ‘700 sui colli piacentini, nel Comune di Lugagnano Val D’Arda (PC). Il suo nome deriva da quello di una tribù ligure, i Veleiates o Eleates. L’abitato era distribuito su una serie di terrazze diversificate nelle fasi edilizie.
Si riconoscono le strutture del foro con il lastricato, circondato da un portico su cui si affacciavano botteghe ed ambienti pubblici; la basilica, ovvero i resti di un edificio a navata unica, sede del culto imperiale, in cui erano collocate 12 grandi statue (oggi conservate al Museo Archeologico Nazionale di Parma) in marmo raffiguranti i membri della famiglia dell’età augusteo-giulio claudia. A monte del foro si trova ciò che rimane di quartieri d’abitazione ed un edificio termale.
La scoperta della città si deve all’iniziale ritrovamento della Tabula alimentaria traianea, tuttora la più grande iscrizione su bronzo nota di tutto il mondo romano, (anch’essa conservata al Museo Archeologico Nazionale di Parma). All’interno dell’area archeologica è allestito un Antiquarium.
Accanto ai calchi della Tabula Alimentaria traianea e della Lex de Gallia Cisalpina, il museo conserva anche reperti che illustrano i momenti più significativi della storia di Veleia: le origini liguri, l’edificazione dei principali monumenti pubblici, le testimonianze degli arredi e dello stile di vita delle dimore private, il ricordo degli spettacoli gladiatori, i riti funerari. In estate, Veleia è scenario del Festival del Teatro Antico, un appuntamento ormai immancabile per rivivere, attraverso la scena, i miti che appartengono a un passato collettivo.
SEZIONE ROMANA DEI MUSEI CIVICI DI PALAZZO FARNESE A PIACENZA
L’esplorazione nell’Emilia romana continua a Piacenza, con la Sezione Romana dei Musei Civici a Palazzo Farnese. Si sviluppa su 15 sale, per conoscere le tappe della storia della città, dalla fondazione all’economia, i commerci, i ruolo del fiume Po, la vita quotidiana, i culti e gli edifici religiosi, i monumenti funerari e le necropoli.
Tra le particolarità che si possono ammirare nel nuovo allestimento: il celebre Fegato di Piacenza, di epoca etrusca, modello in bronzo di fegato di pecora, rara testimonianza diretta di pratiche religiose etrusche, legato alla divinazione ad opera degli aruspici, e la statua panneggiata firmata dallo scultore ateniese Kleoménes, oltre ad alcuni importanti reperti inediti in grado di restituire il volto della città e di ricostruire la vita nella Placentia romana.
Tra questi uno straordinario letto funerario, ricostruito in legno e con un rivestimento in osso bovino di gusto ellenistico, e le Antefisse, gli elementi decorativi finali delle tegole dei templi, di cultura ellenistico-orientale, che hanno permesso di ricostruire l’apparato ornamentale di un tempio, probabilmente posto nella parte settentrionale di Piacenza colonia romana.
Nella sala dedicata alla domus romana, da ammirare ci sono mosaici pavimentali, frammenti di mobilio e lucerne, strumenti per la scrittura, balsamari per unguenti e profumi, contenitori per il trucco e ornamenti personali, attrezzi per la cura della casa, la filatura e la tessitura, resti dei giochi da tavolo, tra cui una scacchiera del II-III secolo d.C. in terracotta.
IL PARCO ARCHEOLOGICO DEL VILLAGGIO NEOLITICO DI TRAVO
Per viaggiare nella Preistoria, bisogna visitare il Parco Archeologico del villaggio neolitico di Travo S. Andrea (PC), in Val Trebbia, tra i più importanti siti preistorici del Nord Italia, rinvenuto negli anni ’80 e tutt’ora in corso di scavo. Il Parco custodisce importanti resti di un antichissimo villaggio risalente a 6.000 anni fa, tra cui le fondazioni di due grandi capanne, pozzetti-ripostiglio, muri in ciottoli e misteriosi forni per la cottura della carne, entro cui sono state rinvenute le più antiche stele antropomorfe italiane.
Particolarmente affascinanti sono inoltre le fedeli ricostruzioni di due capanne neolitiche, allestite con accurate riproduzioni di oggetti in legno e altri materiali naturali, vasi in ceramica e strumenti in pietra utilizzati dalla comunità che ha vissuto a S. Andrea nel corso del Neolitico. Recentemente è stata allestita una nuova area, dedicata alla ricostruzione di alcune sepolture di età longobarda, parte di un’estesa necropoli di 117 tombe venuta alla luce ai margini del Parco.
Per conoscerne meglio la storia della Val Trebbia, nel cuore del borgo medievale di Travo, all’interno del Castello Anguissola, è allestito il Museo Civico Archeologico, dove sono esposti i materiali rinvenuti nel corso delle numerose campagne di scavo condotte nel villaggio neolitico, nonché reperti provenienti dall’intera valle che ripercorrono la storia dell’uomo dal Paleolitico Medio all’Alto Medioevo.
I MUSEI CIVICI DI REGGIO EMILIA
Negli spazi dei Musei Civici di Reggio Emilia si possono ammirare reperti romani in pietra provenienti da Brescello e dalla città reggiana. Nel 1862, grazie al lavoro del sacerdote Gaetano Chierici, uno dei padri della moderna Paletnologia, nasce il Gabinetto di Storia Patria che nel 1870 diviene Museo di Storia Patria. Preziose testimonianze della scienza e della museologia del tardo Ottocento, i materiali di preistoria e protostoria locale sono confrontati con oggetti dello stesso periodo, ma di diversa provenienza geografica, soprattutto italiana.
La collezione fu poi ribattezzata Museo Gaetano Chierici di Paletnologia, con sede al Palazzo dei Musei. Le esposizioni si allargano poi al Portico dei Marmi con reperti in pietra, epigrafi romane e sculture dal Medioevo al XVIII; all’Atrio dei Musei con mosaici di età romana e decorazioni pavimentali del XII e XIII. Nel 2021 con l’inaugurazione del piano secondo di Palazzo dei Musei su progetto di Italo Rota e dei curatori dei Musei Civici, si conclude un lungo percorso di ripensamento delle collezioni e del significato che il museo ha acquisito all’interno della comunità.
Nelle quattro gallerie disposte a quadrilatero l’allestimento procede in due direzioni: verticale, ovvero una narrazione episodica, e orizzontale, una ‘narrazione seriale’ sviluppata su più episodi e centrata sui materiali museali, in parte provenienti dai depositi, in parte da istituzioni cittadine. L’allestimento propone una narrazione dalla Preistoria del territorio Reggiano, fino alla presenza etrusca e alla conquista romana, all’alto-medioevo – arricchita con citazioni di reperti d’eccezione conservati nelle collezioni storiche.
IL MUSEO LAPIDEO DELLA PIEVE DI SAN VITALE A CARPINETI
Il Museo Lapideo è il cuore della Pieve di San Vitale di Carpineti (RE), dove scoprire con coinvolgimento alcuni antichi reperti provenienti dall’area archeologica del San Vitale. Un museo concepito in ottica multimediale e molto suggestivo per la varietà di frammenti che racchiude e per la loro profondità storica: capitelli decorati con sinuosi intrecci, calchi di eleganti fregi, vasi antichi e la mensa d’altare della Pieve, che fu consacrata nel 1145.
Fu grazie all’imperatrice Matilde di Canossa, infatti, che la Pieve di San Vitale – nata nei luoghi abitati dal VI secolo a. C. dai Liguri Verabolenses, che sul monte San Vitale avevano la loro sede politica e militare del “dipartimento” che abbracciava l’Appennino Reggiano – divenne fulcro dell’organizzazione religiosa, giuridica, culturale e sociale del territorio appenninico. Nell’area archeologico-monumentale sono organizzate attività di esplorazione a carattere storico e culturale, che comprendono anche la Via Matildica del Volto Santo, il sentiero Dorato e il sentiero Spallanzani, oltre che laboratori per le scuole; è presente anche un ristorante e un ostello nell’antica canonica.
IL SEPOLCRETO CAROLINGIO DEL CASTELLO DI MONTECCHIO
Annoverato tra i Castelli Matildici, legati alla figura di Matilde di Canossa come si desume da un documento autografo della grande contessa datato 1114 e dalla posizione strategica, nel medio corso della valle dell’Enza, il Castello di Montecchio (RE) la cui attuale struttura risale al tardo medioevo, svela nei sotterranei un vasto Sepolcreto carolingio risalente ai secoli VIII – X. Qui sono state scoperte 28 sepolture, tombe a inumazione disposte in senso rituale verso est-ovest, senza corredo. Il percorso del sepolcreto si completa con la calcara, fornace per la produzione della calce, attiva tra X e XI sec. e tracce di antiche fondazioni di una probabile “ecclesia S. Ambrogi”. Nella parte orientale dei sotterranei sono conservate una cannoniera e due tombe ancora integre.
AREA ARCHEOLOGICA DI LUCERIA A CANOSSA
L’insediamento romano di Luceria, rappresenta uno dei siti di maggiore interesse nella provincia di Reggio Emilia. Abitato dal II-I sec. a.C. fino a circa il V sec. d.C., deve la sua importanza sia alla posizione occupata, corrispondente al punto in cui il fiume Enza raggiunge l’alta pianura lungo un asse di percorrenza strategico fin dall’età protostorica, sia ai risultati delle indagini archeologiche che hanno restituito informazioni importanti soprattutto in merito alle dinamiche dell’insediamento del territorio.
Già dalla fine del XVIII secolo, i duchi di Parma promossero le ricerche nei luoghi dove i contadini recuperavano monete e frammenti di materiali da costruzione. Insieme alla coeva scoperta di Veleia, gli scavi presso Luceria rappresentano l’inizio degli studi archeologici che portano alla fondazione del Museo Archeologico Nazionale di Parma nel 1780. Fra il 1860 e il 1866 Don Gaetano Chierici prosegue le ricerche riportando in luce strutture e tombe tardo-repubblicane con corredi “ibridi” che rivelavano il mescolamento culturale di romani e Liguri, i precedenti abitanti dell’area.
Gli scavi più recenti, condotti tra il 1983 e il 2008, hanno messo in luce un importante tratto di strada, parte della via romana che univa Parma a Lucca valicando l’Appennino. Su questa si aprono le tracce di strutture legate ai mercati di ovini che qui si svolgevano assieme a un interessante edificio funzionale alla sosta e al commercio lungo la via. L’inaugurazione dell’area archeologica è avvenuta nel 2014, mentre nel 2022 è stato installato un nuovo allestimento dell’area.
AREA ARCHEOLOGICA DI CAMPO PIANELLI DI PROSSIMA APERTURA A BISMANTOVA (Castelnovo Ne’ Monti)
Il sito archeologico di Campo Pianelli è posto ai piedi della maestosa Pietra di Bismantova (RE), dove un’area pianeggiante e leggermente sopraelevata ha costituito per secoli un punto di attrazione per l’insediamento umano. Gli scavi archeologici hanno mostrato l’evidenza di una prima occupazione già durante l’età del Rame, grazie al rinvenimento di diversi frammenti ceramici tipici della Cultura del Vaso Campaniforme.
Altri momenti di insediamento sono stati documentati durante l’età del Bronzo media e recente, con l’individuazione di due capanne, e nella successiva età del Ferro, con elementi culturali etruschi e liguri. Il rinvenimento di maggior rilievo è però la necropoli ad incinerazione risalente all’età del Bronzo finale (XI-X sec. a.C.), già indagata a metà ‘800 dal pioniere archeologo Gaetano Chierici e successivamente oggetto d’indagine in un’importante campagna di scavo nel 1973, che ha portato all’individuazione di ben 49 sepolture. I ricchi corredi conservati all’interno delle urne cinerarie gettano luce su un periodo in cui le testimonianze archeologiche in area emiliana sono assai rare.
Gli oggetti in bronzo, pasta vitrea e ambra testimoniano contatti a lunga distanza con l’Adriatico e il nord Europa, evidenziando come questo settore montano fosse pienamente inserito in un sistema di scambi che collegava centro e nord Italia.
Le urne cinerarie, di diversa forma e racchiuse in piccoli pozzetti di pietra, presentano significativi elementi decorativi come quello della barca solare, rappresentato sul vaso biconico della cosiddetta “Tomba della Principessa”. Molti dei manufatti rinvenuti sono oggi esposti al Museo Civico di Reggio Emilia, mentre in loco è stata realizzata la ricostruzione di parte della necropoli, con fedeli riproduzioni delle urne cinerarie e dei corredi in bronzo. È possibile fruire dell’esperienza tramite il servizio guida attivo ogni weekend con partenza dall’Eremo della Pietra di Bismantova.