Sedicente portavoce del cielo e volenteroso mediatore per la terra.
Immagine pittoresca del porsi personalmente a ruolo di uno spacciarsi secondo una data quintessenza che non corrispondeva al riconosciuto criterio comune di un’avvalorata e di una effettiva consistenza.
Questo personaggio era stato, fra l’altro, intercettato fra le pagine dell’allora quotidiano bresciano “Il Cittadino” del 25 giugno 1898, dove, in proposito, era pubblicato che “Il profeta Majerù pare che abbia preso di mira in modo particolare il Duomo. Anche ieri, entrato, mentre si faceva l’omelia, si mise ad interrompere il predicatore. Trovandosi in chiesa l’agente Bonetti, fu dal medesimo tratto in arresto. Non ci sarebbe mezzo di dare una lezione al profeta in modo che non la dimenticasse tanto facilmente?”.
Come ricorda l’Enciclopedia Bresciana, costui era “Busseni Giuseppe detto Majerù. (Calvisano, 19 marzo 1835 – Brescia, 7 giugno 1909). Fabbro ferraio e proprietario di un maglio (donde il soprannome) si trasferì a Ghedi e nel 1874, a Brescia, in contrada del Carmine, dove nel 1885 si dedicò a “studi biblici” e incominciò a dichiararsi profeta tenendo concioni accesissime e presentandosi come l’anticristo.
Seguì poi la setta dei Battisti, nella quale si fece ribattezzare il 5 ottobre 1891. Collaborò al “Tramway” con scritti polemici e pieni di errori e dal 15 settembre 1893 pubblicò un giornaletto “La Voce del Profeta” di cui però uscirono pochi numeri. Egli stesso si dichiarava di essere “possidente e profeta”, ma finì come sensale”.
Nei panni di una tal persona di fiducia garantita da un tal altro sensale, come inteso, appunto nella qualificata figura di mediatore d’affari, pare sia prestato ad operare, attraverso un altro tipo di autoinvestitura di fatto, anch’essa, fuorviante e qui, pure, truffaldina, “Un gabbamondo – A Virle Treponti certo S.G. giorni or sono con la complicità di A.P. il quale faceva da sensale si spacciò per proprietario di granaglie e riuscì a stipulare un contratto di vendita con diversi compratori. Per detto contratto si fece anticipare L. 38,50, e poi non si fece più vedere. I gabbati denunziarono i due imbroglioni”.
Trattavasi di notizia del 4 gennaio 1895, asservita ai lettori bresciani da parte del menzionato quotidiano, che, in una delle sue successive edizioni, nell’andare a ricondursi, per altre vie, al paese natale dell’accennato profeta Majerù, esplicitava, di quella plaga agreste, il fatto messo, invece, in pagina il 24 giugno 1898, nei termini di una “Truffa – vennero denunciati all’Autorità Giudiziaria 11 braccianti perché trovandosi a lavorare nel Comune di Calvisano si fecero somministrare a credito dall’oste sig. Santini generi mangerecci per 43 lire, assicurandolo di pagarlo al termine del lavoro. Invece si allontanarono tutti dal Comune lasciando il Santini insoddisfatto”.
Altro modo di spacciarsi in società, perseguendo secondi fini, era nella cronaca che l’edizione de “Il Cittadino” realizzava il 22 febbraio 1895, nel pubblicare gli estremi rilevati nel merito di una altra “Truffa – Ci scrivono da Collebeato in data 21 corrente: son pochi giorni che certo B.P. di qui veniva truffato per L. 50 da un finto mediatore di granoturco, colla lusinga di una compera favorevole.
Ma, poi, il B.P. non vedendo più nessuno a comparire col carretto del formentone e giustamente dubitando quel che vi era sotto, denunciò la cosa ai Reali Carabinieri. Il bravo e solerte brigadiere della stazione di Concesio, coi pochi indizii che potè avere, scovò il truffatore a Brescia, e stamane lo consegnò ai suoi fratelli d’arme. Non è a dire quale soddisfazione abbia provato il defraudato B.P. quando, chiamato per la ricognizione, riconobbe quel caro soggetto che volea passare il Carnevale a spese di lui”.
Ancora nei panni di un danaroso cliente, disponibile a conciliare una interessante somma di denaro per concludere un buon affare, sembra si sia distinta la figura del protagonista di un fatto simile che, a sua volta, tratteggia alcuni sommari contorni dell’epoca, entro le variabili documentate nei termini di un certo qual scibile, essendo che “Il Cittadino” del 13 aprile 1898, dava notizia de “Il tiro di un saltimbanco.
Ieri l’altro, certo Zelanda Primo, saltimbanco di Ronco Ferraro (Mantova), presentavasi al signor Rossini Francesco di Bassano Bresciano, domandandogli se fosse disposto a vendere un bel cavallo da sella. Il signor Rossini accettò, e mostratogli il cavallo, iniziò tosto le trattative. Prima di stringere definitivamente il contratto, il Zelanda disse che voleva provare la bestia, e, avuto il consenso dal signor Rossini, montò a cavallo e via a tutta velocità. Il signor Rossini, vedendolo allontanarsi a spron battuto, si accorse di essere stato giocato da un imbroglione e si mise a gridare al ladro. Il Zelanda fu subito rincorso con altri cavalli, da alcuni contadini, e dopo un tratto di alcuni chilometri, venne finalmente raggiunto e consegnato alla Benemerita Arma”.
Fra granaglie e cavalli, non mancavano, coeve ai fatti sopra descritti, anche vicissitudini legate a più contenuti furti ed ammanchi, in quanto “intemperanze” compromesse attorno a proporzioni più veniali, anche se non meno deprecabili, ma significative del migrare di quei giorni nel darsi pure ad arrangiarsi, in tempi diffusamente grami, come nell’esplicarsi di un intraprendente professionista dell’arte della persuasione e dell’involarsi, attestato da “Il Cittadino” del 18 marzo 1898, secondo la cui edizione era dato il sapere di quanto accaduto di rimando all’interlocutorio suo proporsi a quel servizio che era notoriamente espresso nei termini di: “Comanda nulla dell’ombrellaio? Con questo ritornello uno sconosciuto entrava parecchi giorni fa in parecchie case di Castrezzato, domandando se avessero ombrelli da aggiustare.
La prima visita fatta all’oste Giuseppe Cavalleri detto Busa al Ravellino, gli fruttò un ombrello; la seconda, alla signora Speziali Teresa, un altro ombrello. Ma l’affare migliore fu quello concluso nella casa del signor Vincenzo Redona dove questi gli consegnò un parapioggia del valore di L. 8 e il signor dott. Coppetta Lamberto, medico condotto del luogo, abitante nella stessa casa Redona, gli affidò un ombrello del valore del costo di L. 14. Tutti i predetti signori dopo aver atteso alcuni giorni l’ombrellaio di ritorno coi rispettivi ombrelli aggiustati, non vedendolo più comparire, ne fecero denuncia alla Benemerita Arma”.
Ancora, nella scala dei valori commerciali, capitava si scendesse, ancor di più, in altra materia di interesse, analogamente al derogare ancora al rispetto dei beni altrui, in aderenza, cioè, a mero titolo di esempio, alla vicenda, messa in pagina il 31 gennaio 1895, delle “Mele poco gustate – A Livemmo, certo M. Luigi, dando ad intendere a Garzone Matteo di aver pagato l’importo al proprietario Bonomini, riuscì a farsi consegnare tante mele pel valore di L. 32,50. Il Luigi M. però non potè godere le mele, perché il proprietario che nulla aveva ricevuto di pagamento, denunciò il truffatore che venne arrestato”.
Il riscontro della forza pubblica, già allora, affidata anche ai Carabinieri, attraversava questi fatti nel bilanciamento di quelle posizioni, naturalmente frastagliate dalle più differenti ed opposte intenzioni, che tanta parte avevano nel comporsi complessivo di vicende osservate a posteriori.
Insieme ai tutori dell’ordine, anche l’ossatura statale era pure nei rilievi di questa stampa locale, essendo che, fra altre evenienze consimili, “Il Cittadino”, in data 24 giugno 1898, tratteggiava alcuni accenni evocativi della perdurante istituzione prefettizia, come organizzata allora, fra più sedi dislocate, nel medesimo territorio, in una sorta di progressiva distribuzione scalare: “Nelle Prefetture – Michelini cav. Paolo, Consigliere di Prefettura a Brescia, è promosso alla seconda categoria; Cazzani rag. Achille, computista, è promosso alla prima classe. Berlucchi Viatore, ufficiale d’ordine alla Prefettura di Brescia, è trasferito alla Sotto-prefettura di Breno, Duina, ufficiale d’ordine della Sotto-prefettura di Breno, è trasferito alla Prefettura di Brescia”.
Nelle sfumature che focalizzavano certe frammentarie iniziative estemporanee nell’intreccio con gli opposti estremi di quanti cercavano, invece, di contrastarne le mire truffaldine, appare, forse, curioso il commento che ancora “Il Cittadino” del 16 marzo 1898, poneva a margine di una falcidiante proposta d’azzardo legalizzata, essendo che, come potenzialmente oggi, si era nel tema de “I proventi del lotto.
Dal prospetto delle riscossioni e delle vincite fatte dal Regio Lotto, nello scorso mese di febbraio, risulta che lo Stato ne ebbe un vantaggio netto di L. 2836, 50. Cosicchè la vincita più sicura e più lucrosa è quella del Governo alle spalle dei gonzi che gli pagano spontaneamente la tassa del lotto”.