Compatti, in ordinata schiera, si conformano al duplice filare che li evidenzia, da un lato all’altro, lungo un tratto residuo di strada campestre.
Sono i gelsi di via della Volta, sul limitare della perpendicolare che si situa, a Brescia, fra questa via e via Franco Gerardi, collegando, in pratica, lo spazio antistante alla parrocchiale dei “Santi Pietro e Paolo” con quanto è all’opposto di questo rettilineo sterrato dove, si erge, invece, ciò che resta di un antico cascinale, ormai del tutto cadente, insieme agli stucchi ed ai fregi interni della presumibile casa padronale.
Altrettanto d’antico, ispirano questi gelsi, attorno alla notevole circonferenza del loro fusto frondoso e cascante di un ricco fogliame d’autunno inoltrato, ancora lussureggiante.
Le chiome dell’una e dell’altra pianta si incontrano, ramificando l’avvolgersi arcuato di sommità compenetrate in altezza, secondo un profilo sovrastante questa strada campestre che si sviluppa entro tale estemporaneo ed indotto cunicolo pianeggiante.
Fuori da questa volta alberata, una discreta distanza, intercorrente da tale proiezione monumentale, consente di scorgere sullo sfondo, oltre all’accennata chiesa parrocchiale, anche il tronco apicale, svettante fra scampoli di cielo, del caratteristico grattacielo del “Crystal Palace”, in un connubio prospettico che richiama, alla moderna evoluzione urbana della città, l’ambientazione coesistente con angoli periferici, ancora, in parte, contesi da pregresse caratteristiche rurali d’ormai perdute conformità a quegli strascichi che residuano remote reminiscenze, in una vaga corrispondenza di una loro continuità evanescente.
Sono una trentina in tutto dello stesso genere di gelsi, un tempo, coltivati, anche nel bresciano, per quella praticata bachicoltura, percepibile a sinonimo effettivo dell’industria serica, vissuta con le relative ed operose filande di generazioni di maestranze impegnate nelle attività funzionali alla produzione della seta.
Circa una doppia dozzina di altri gelsi, dislocati lungo il dispiegarsi del diuturno scorrimento del traffico veicolare di via della Volta, partecipano anch’essi, alla caratterizzazione, in zona, della medesima essenza arborea, presente anche in tale schieramento, oltre che nella strada complanare menzionata, stesa, quasi a sorta di passerella, fra un campo e l’altro, rimarcando, centralmente ad un’area agricola, la sponda rispettiva con la quale questi alberi si prestano a delimitare l’appezzamento coltivo che è interessato ad uno sfruttamento intensivo a cadenza annuale.
Fusti rugosi, dalle cortecce stratificatesi attraverso l’andare del tempo che, paiono vergare percorsi indecifrabili a traccia delle molteplici vicende sulle quali hanno, via via, proiettato le loro ombre sfuggenti, come, ad esempio, quando il giornale “Gazzetta Provinciale di Brescia” di martedì 5 aprile 1853, interveniva a margine del laborioso esplicarsi attorno alle foglie dei gelsi, ancora in tema di bachicoltura, informando, rispetto ad un tal ritrovato, ora noto e conclamato, ma, all’epoca, fatto nuovo e rimarchevole da poter essere divulgato:
“E’ noto come certe materie coloranti abbiano la proprietà, quando siano commiste agli alimenti, di entrare nell’organismo e di colorare le ossa. Numerose esperienze hanno dimostrato che i maiali cui si dà a magiare la robbia, hanno in brevissimo tempo le ossa colorate di porpora. Si citano molti esempi di animali sui quali altre sostanze hanno prodotto lo stesso effetto.
Nessuno, però, aveva tentato finora di mettere a profitto sì importante scoperta, quando, ultimamente, il signor Roulin, educatore di bachi da seta, ebbe l’ingegnosa idea di dare loro un nutrimento colorato, nel momento, appunto, che s’avevano per fare il bozzolo. Misturò a quest’uopo una piccola quantità d’indaco alle foglie di gelso di cui si nutrivano ed ottenne per primo risultato dei bozzoli di un bel turchino.
Cercò, poscia, una materia rossa che i filugelli potessero mangiare senza pericolo, e riuscì a trovarla (…) misturò minutissime parti di quella pianta alle foglie di gelso ed ottenne della bellissima seta rossa. Il signor Roulin continua le sue esperienze e spera di ottenere seta di parecchi altri colori.”