Marmirolo, Mantova – Percorrendo la strada statale 236 in direzione Mantova, appena superato il paese di Marmirolo, un segnale turistico sulla destra indica la direzione per il “Bosco della Fontana”.
Poco più avanti imboccando un viottolo alberato in breve tempo si raggiunge un grande cancello che confina l’ingresso con il Bosco della Fontana, una manciata di ettari di foresta planiziale di pianura miracolosamente rimasta intatta, perché fu per anni la riserva di caccia della famiglia dei Gonzaga, signori di Mantova.
Variopinto dagli intensi colori autunnali o carico di mistero nella nebbie padane, il bosco vale una visita, una giornata per immergersi nell’ultimo santuario naturale di pianura, rara opera d’arte “dipinta” dalla natura. I boschi planiziali di pianura si contano oggi sulle dita d’una mano, lembi sopravvissuti del manto di fitta foresta della Pianura Padana sino all’arrivo delle legioni di Roma.
Ancora di più in questi giorni per via di un piccolo e prezioso Festival, Il bosco delle Emozioni, che inserisce la musica all’interno cli un contesto naturalistico, scientifico e culturale cli rara bellezza, che è anche Centro Nazionale per lo Studio e la Conservazione della Biodiversità e area anticamente di proprieta dei Gonzaga.
Questa cornice unica è circondata da un territorio, quello dei Prati Stabili della Valle del Mincio, fortemente contraddistinto dalla presenza dell’acqua e dalla biodiversita’ e nel quale si producono eccellenze agroalimentari conosciute in tutto il mondo.
Un’immersione totale nella bellezza attraverso un’offerta musicale concepita come linguaggio universale, sotto la direzione artistica del M°Maurizio Baglini, che mira a integrarsi con le biodiversité del luogo e della Riserva Naturale che si trova a cinque chilometri a nord di Mantova, che è un’area severamente protetta, una preziosa testimonianza degli antichi boschi di latifoglie.
Nel corso del tempo, la Riserva ha sofferto per le continue asportazioni di legno, togliendo al bosco il ciclo vitale legato alla presenza di alberi morti o vecchi alberi cavi, dove l’avifauna trova facilmente riparo e alimentazione.
Per riequilibrare l’habitat si è lavorato a lungo, nell’ambito del progetto europeo Life Natura, con l’obbiettivo di ripristinare la condizione ideale perché uccelli, insetti e piccoli mammiferi ritrovassero un ambiente ideale e protetto per riprodursi, eliminando la presenza di alberi esotici come la quercia rossa e altre specie completamente estranee al bosco planiziale di pianura o sradicandoli per ridar vita al ciclo legato agli alberi deperienti.
Il Bosco della fontana era in realtà il parco dei divertimenti dei Gonzaga, come testimonia il “capanno di caccia”, capanno si fa per dire… forse visto con gli occhi dei potenti nobili mantovani, in realtà è un piccolo castello al centro d’una radura nel cuore del parco che non sfigurerebbe nemmeno nella valle della Loira; vi si tenevano battute di caccia e feste per le teste coronate d’Europa, ricordate anche da Torquato Tasso nella Gerusalemme Liberata.
Il risultato fortunoso del matrimonio tra antica foresta di caccia signorile e moderna riserva naturale ha fatto si che, come per miracolo, questo lembo di pianura abbia potuto arrivare indenne sino ai nostri giorni, una foresta della Bassa dalle mille tonalità di colori autunnali, un ambiente fatato negli inverni della galaverna dei giorni della merla o l’esplosione della vita in tarda primavera.
La piccola isola boschiva mantovana è uno degli ultimi rifugi per numerose specie animali, gli studi faunistici hanno censito ben 102 specie di uccelli tra cui il nibbio bruno, 24 mammiferi, 9 rettili, 8 anfibi e ben oltre 2.000 specie di invertebrati; quando una di queste specie scompare del Bosco della Fontana è probabile che si stia estinguendo in tutta la Pianura Padana.
Sono lontanissimi i tempi in cui la nostra Bassa era popolata da grandi mammiferi, prima che l’uomo vi mettesse mano, la pianura era coperta da un unico bosco con rare radure, interrotta soltanto dallo scorrere dei grandi fiumi. Per secoli le gigantesche querce farnie insieme ai carpini, ai frassini, ai salici e molte altre specie arboree hanno dato rifugio al cervo, al cinghiale, al lupo, al castoro etc. prede favorite dei cacciatori mesolitici, primi uomini a colonizzare la grande pianura.
Nel visitare la fitta foresto del bosco della Fontana possiamo però ritrovare le armonie naturali, perderci nei sentieri che si inoltrano fra il fitto della vegetazione, una rete di piccoli passaggi che inevitabilmente convergono verso il centro, al “capanno di caccia” dei Gonzaga. La riserva naturale è divisa nettamente in due parti: una parte riserva integrale chiusa al pubblico e una parte visitabile, con segnaletica e piccole radure dov’è facile osservare il ciclo vitale dell’albero morto; con i viottoli che cavalcano piccoli ponti o fiancheggiano limpidi corsi d’acqua, arterie che tengono costante l’umidità vitale alla foresta interrompendo il fitto sottobosco, regalando miracolose armonie e selvagge sensazioni.