Gattatico, Reggio Emilia. Lunedì 14 novembre è il 78° anniversario della scomparsa di Genoeffa Cocconi Cervi, moglie di Alcide e madre dei sette Fratelli e delle sorelle Rina e Diomira.
Morta nel ’44 di crepacuore, come si diceva un tempo, il suo cuore non aveva retto alla perdita dei 7 figli. La narrazione ci ha consegnato una figura dolente, vinta dal dolore. Ma Genoeffa non è “soltanto una mamma”: è la resdòra, la reggitrice delle sorti domestiche, così come la custode dell’etica credente in una casa attraversata dalla passione politica.
Lunedì 14 novembre alle ore 16,30, presso la Sala a lei dedicata al Museo di Casa Cervi, si terrà l’inaugurazione di “Genoeffa Cocconi Cervi. Una donna, una madre”, mostra personale dell’artista reggiana Clelia Mori.
Le opere esposte sono disegni su carta di grandi dimensioni. Il soggetto protagonista, ripreso con stili e tecniche differenti, a partire dal ‘non finito’, è sempre Genoeffa Cocconi, la madre dei Cervi, morta di dolore il 14 novembre 1944, poco meno di un anno dopo la tragica fine dei figli. I ritratti di Mori mostrano l’anima, il coraggio di Genoeffa, figura fondamentale nella storia dei Cervi. Contadina, aveva avvicinato i figli sin da piccoli all’importanza del sapere e della cultura: la sera, prima di andare a dormire, seduta nella stalla, leggeva a tutta la famiglia libri e romanzi, dalla “Bibbia” ai “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni. Una volta cresciuti i figli, Genoeffa è stata sempre un punto di riferimento insieme al marito Alcide, incoraggiandoli nelle loro ambizioni e aspirazioni.
«Il volto di Genoeffa è la memoria più preziosa di Casa Cervi», dice Albertina Soliani. «Era negli occhi dei figli nel momento supremo. Era nel cuore di Alcide e nell’anima dei nipoti. La sensibilità artistica di Clelia Mori ci restituisce il volto di Genoeffa nel suo valore di donna e di madre che con la sua vita ha fatto la storia d’Italia».
«Attraverso i suoi disegni e rivisitando in modo originale le fotografie pervenute, Clelia Mori sembra proporre un altro modo di guardare Genoeffa Cocconi», osserva Paola Varesi, responsabile del Museo Cervi. «Mori ne coglie e ne sottolinea alcuni particolari e dettagli: sono pezzi di vita di Genoeffa Cocconi interpretati dall’artista, che li restituisce alla consapevolezza del suo tempo con gli occhi di oggi».
«Di Genoeffa esistono due fotografie: una è a mezzo busto, austera coi capelli raccolti e un accollato abito nero», spiega Clelia Mori. «L’altra è stata scattata insieme a tutta la famiglia: qui lei ha un velo di sorriso tranquillo, quasi appagato. È a questa fotografia che sto lavorando – in particolare su di lei e la sua in-visibilità storica. Cerco le sue emozioni taciute».
L’opera di Mori suggerisce anche una rilettura della figura di Genoeffa: «Spesso è stata definita “la resdora”, colei che ha le chiavi della casa, il potere del focolare domestico. Credo che questa definizione, per quanto vera, sia figlia di un raccontare maschile. In qualche modo, “resdora” soverchia il ruolo di “mamma” nel suo significato più profondo e tragico. Solo così, vedendola anzitutto come una madre, è possibile capire quanto sia stato acuto e muto il suo dolore: lì sta la sua unicità e, in generale, il mistero delle donne».
La reggiana Clelia Mori, diplomata al Liceo d’Arte Paolo Toschi di Parma, ha esposto le sue opere in diverse mostre collettive e personali in tutta Italia. La personale di Clelia Mori sarà introdotta da una mostra antologica di ritratti di Genoeffa Cocconi conservati nella Quadreria del Museo.