La recita di “Ave Marie”, per scongiurare la venuta di Giuseppe Garibaldi. C’era la neve, alla fine di quell’anno, ed, attorno a tale contorno innevato, il giornale era stato pubblicato con alcune tracce allusive di Garibaldi che, con l’ormai avvenuto scalzare degli austriaci, era, invece, arrivato anche nel bresciano.
A Brescia, il giornale “La Sentinella”, inseguiva un fatto di cronaca, confezionandolo negli accenti politici che risultavano ispirati ai giorni avviati verso il concludersi di un’annata durante la quale, sul fare dell’estate, era istituzionalmente cambiato, in tutto un territorio, un pregresso assetto sovrano, con il rispettivo scambio di ruoli, ai vertici delle teste coronate.
Tra certe implicite conseguenze, anche il poter tenere conto, in pari contesto, che non tutti pare fossero concordi nell’abbracciare lo stato sabaudo, dal momento che sembra pure che qualcuno abbia invitato a pregare in modo che questo avvicendamento non si dovesse verificare.
Nel declino dell’anno in cui si erano compiuti i destini della battaglia di Solferino e di San Martino, con i franco-piemontesi vittoriosi sul campo conteso da un oltremodo giovane Francesco Giuseppe, la contrapposizione, con il precedente regime austriaco, pare che ancora roteasse minacciosa nell’aria, quasi a voler fare i conti con ostinate e residue resistenze e con gli allineamenti da porre in una omologazione utile a mettere ordine tra ancora non risolte referenze.
Emblematico di questo cambio di passo, il fatto argomentato il 29 dicembre dal giornale locale “La Sentinella”, mediante il riferire a proposito di un tragico epilogo di vita, contestualizzato in una più diffusa schermaglia politica, pubblicando, in pratica, che “Nel mattino del giorno 22 corrente, nelle vicinanze delle Fornaci, grossa contrada del Comune di S. Nazzaro, rinvenivasi il cadavere del contadino Giacomo Zani di Castelnuovo, annichilito dal freddo già da più giorni. Le informazioni stabilivano il fatto avvenuto nel seguente modo: lunedì, sul far della sera, venendo da Brescia lo Zani, per recarsi a Castelnuovo, prendeva un accorciatoio, che dalle Fornaci reca a quel Comune. La neve, già caduta in copia, e l’altra che cadeva, la tenebra che si faceva produssero che il povero Zani, alla prima risvolta, smarriva il giusto cammino, e quindi andava errando in un vicino campo, senza più potersi trovare modo di trarsi di quell’impaccio. Allora, si mise a chiamare aiuto. Furono sentite le sue strida sino alle tre ore dopo la mezzanotte, dopo di che lo Zani dovette soccombere: nessuno si mosse dalle contrade delle Fornaci in soccorso. Vi fu, quindi, tanta inumanità e tanta ignoranza a rivelarla. Scopertosi il cadavere dello Zani, non si mancò di derubarlo dagli effetti e dal denaro. L’abaticiello R….a curato delle Fornaci che or sono alcune feste si sbracciava nella parrocchiale a leggere e commentare la nota circolare del Vescovo ed a dimostrare l’inviolabilità del potere temporale del Papa, e la religione attualmente in pericolo, ed altre fandonie della giornata, non farebbe egli meglio, il sig. abaticello, a predicare ed a infondere un po’ di carità evangelica né suoi contarranei, perché non commettessero dei tratti così disumani, come sopra ho esposto, commesso da taluni di loro? Non è impropabile che dalla casa dell’abaticello, siccome una di quelle più prossime alle località dove era lo Zani, s’udissero le sue grida, e non per questo l’abaticello si sarà scosso, troppo assorto dai più gravi argomenti delle sue prediche. Dicesi che il suddetto abaticello, prima che scoppiasse la guerra della liberazione, per la quale pregava pubblicamente che non avvenisse, faceva pur dire le Ave Maria ai fanciulli raccolti nell’Oratorio, perché fossero preservati, questi Paesi, dalla presenza del Generale Garibaldi, perché, lor diceva, l’abaticello, uomo nemico dei preti e della religione”.
Tale spaccato, pure, sopravvivente, in una sorta di anonimato dello stesso autore che lo aveva semplicemente siglato in “P.P.”, si prospetta editorialmente nel tenere celato, a proposito di questa località Fornaci, dislocata a sud di Brescia, il nome del pastore d’anime che l’aveva in gestione, nella contestuale indicazione, fra altri aspetti, di come anticamente si chiamasse l’attuale Castel Mella, al tempo di questi fatti, denominato Castelnuovo, verso cui pare fosse diretto chi ci aveva rimesso le penne, in una nottata innevata, inesorabilmente inghiottita in quel manto algido dove pare avesse perso ogni riferimento.
Quanto era, invece, nell’evidenza dei movimenti praticati tra le tendenze del tempo, era manifestato dalla stessa edizione giornalistica, realizzata dalla tipografia “Apollonio”, sotto la direzione del “gerente responsabile” Luigi Frigerio, andando ad accomiatarsi da quel fatidico anno, istituzionalmente rilevabile, nel territorio, a spartiacque di un nuovo corso della storia, nell’informare il proprio bacino di lettori, emancipati dal governo austriaco in cambio della dinastia sabauda, con l’indicare, a bandiera di tutto un andazzo generale, che “Furono testè ammessi gli ufficiali Parmensi nel nostro esercito, col grado che godevano nel cessato loro governo”.