Il principale teatro di intervento delle ong italiane attive nella cooperazione allo sviluppo è l’Italia, con 917 progetti sviluppati da 70 organizzazioni nel loro stesso Paese di origine.
E’ quanto emerge dai dati forniti dal portale Open Cooperazione, piattaforma opendata che raccoglie da ormai otto anni i dati di trasparenza e accountability di oltre 200 tra le più importanti organizzazioni del settore.
I più rilevanti fra i dati ottenuti, che sono inseriti volontariamente dalle ong e aggregati dalla piattaforma, sono stati raccolti in una nota.
Nel comunicato il panorama della nostra cooperazione viene definito “in evoluzione“, come testimoniato da un dato inedito: “Il fronte di intervento più rilevante è divenuto quello di casa nostra“.
All’estero, prosegue Open, “si conferma il primato dei Paesi africani: Mozambico, Etiopia, Uganda, Kenya, Repubblica democratica del Congo, Burkina Faso e Senegal restano i Paesi dove le ong realizzano più progetti. Unici paesi non africani nella top dieci sono Libano e Siria. Educazione e istruzione restano i temi predominanti dei progetti, seguono l’emergenza, l’aiuto umanitario e la salute“.
“Non deve stupire l’attività delle ong nei territori del nostro Paese- spiega nella nota il fondatore e curatore di Open Cooperazione, Elias Gerovasi– si tratta di una tendenza ormai consolidata e sicuramente in crescita dopo la pandemia.
Sempre più organizzazioni si sono attivate sul fronte delle nuove povertà che il Covid-19 ha accentuato: povertà educativa, alimentare e ultimamente anche energetica sono fenomeni molto diffusi e non riguardano più solo determinate categorie svantaggiate. Anche i dati Istat ci dicono che è in crescita importante il numero di persone che hanno casa, lavoro e famiglia, ma che non arrivano a fine mese”.
La piattaforma prosegue fornendo le informazioni relative a bilanci e trasparenza che emergono dai dati.
“Anche nel 2021 – si legge nel comunicato – le ong italiane hanno messo a segno una crescita economica di dieci punti percentuali; il valore economico raggiunge quota 1.167.617.111 euro. Una crescita spinta in particolare dalle grandi organizzazioni che registrano rilevanti incrementi delle entrate.
È il caso di Save The Children che si conferma la prima organizzazione con un bilancio di oltre 133 milioni (+7% rispetto al 2020), di Avsi che balza al secondo posto con un incremento di oltre 26% (da 68 a oltre 92 milioni), di Emergency che cresce del 37% passando da 48 a 77 milioni e di Weworld che supera i 44 milioni con una crescita del 15%”.
La nota continua: “Faticano invece le organizzazioni medio-piccole, da un’analisi dei bilanci delle entrate delle prime 50 ong italiane sugli ultimi tre anni emerge che le organizzazioni in perdita sono quasi tutte di dimensione media, ovvero collocate nella fascia tra tre e dieci milioni di euro di entrate. Le ong che registrano i rialzi più evidenti sono nella fascia alta, sopra i 30 milioni e per lo più si tratta di organizzazioni fortemente impegnate nell’aiuto umanitario”.
Dai dati di Open si evince inoltre: “Resta stabile rispetto agli anni precedenti la composizione delle entrate, per le ong il rapporto tra fondi pubblici e fondi privati si attesta rispettivamente a quota 60% e 40%. I fondi pubblici arrivano dai cosiddetti finanziatori istituzionali, il 35% dall’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo (Aics) e dal ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, un altro 35% dall’Unione Europea (Ue+Echo), poco più del 17% dagli enti territoriali attraverso la cooperazione decentrata e il restante 12% da agenzie delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali. I fondi privati, oltre a quelli derivanti dalle donazioni liberali individuali, arrivano attraverso il canale fiscale del 5×1000 (31,9%), da donazioni o partnership con le aziende (32,1%), dalla filantropia delle Fondazioni (26,8%) e dalle chiese (9,2%)”.
A crescere però, si legge ancora nel comunicato, “non è soltanto il valore economico delle ong; aumentano le risorse umane impiegate nel settore in Italia e all’estero sfiorando quota 26 mila (4% in più del 2020) il 55% sono uomini e il 45% donne. Sono 4.120 gli operatori impiegati in Italia (37% uomini e 63% donne) e 21.753 quelli all’estero (58% uomini e 42% donne), di cui 2274 italiani espatriati, i cosiddetti cooperanti.
A questa comunità si aggiunge poi il preziosissimo contributo del lavoro volontario. I volontari attivi e volontari in Servizio Civile che hanno operato per le ong nel 2021 raggiungono quota 44.784, in crescita di oltre 9000 unità rispetto all’anno precedente”.
Dai dati, evidenzia la nota, “emergono anche le caratteristiche delle organizzazioni di cooperazione e aiuto umanitario all’interno del più ampio mondo del Terzo settore in evoluzione a seguito della riforma.
Quelle che siamo abituati a chiamare Onlus sono oggi in realtà enti del terzo settore (ets), nello specifico la forma giuridica più diffusa è quella di Associazione (67%), seguono le Organizzazioni di volontariato – OdV (12%) e le Fondazioni (10%). In crescita l’adesione delle organizzazioni alle reti di rappresentanza del settore, il 34% delle ong fa parte di una rete e/o federazione, al primo posto in termini di adesioni c’è Aoi, L’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, recentemente diventata Rete Associativa nazionale previsto come proprio dal testo della riforma”.
“Il mondo non profit della solidarietà e cooperazione internazionale è composto da una pluralità di Organizzazioni della società civile, oggi infatti più che ong veniamo denominate osc in linea con quanto avviene a livello internazionale dove si usa sempre più l’acronimo Cso (Civil Society Organisation) – spiega Silvia Stilli, portavoce della Aoi -. Parliamo di organizzazioni nate nelle parrocchie o nel mondo solidale associativo e cooperativo, nell’ambiente universitario o sindacale, legate alle comunità territoriali e con una capacità di coinvolgimento nelle proprie attività di giovani volontarie e volontari, gruppi di famiglie, anche adottive, cittadine e cittadini, insegnanti, medici, attiviste e attivisti sul tema della pace, dei diritti globali e dell’ambiente. Per questo le ong/osc fanno parte della famiglia del Terzo Settore italiano, dove si trovano da tempo a proprio agio e contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 in Italia così come nei Paesi del sud del mondo”
Le ong, si legge ancora nel comunicato, “si confermano pioniere in materia di accountability e trasparenza, otto anni dopo l’avvio dell’esperienza di Open Cooperazione infatti continua ad aumentare la propensione delle organizzazioni alla cosiddetta disclosure dei dati anche grazie alle recenti Linee guida per la redazione del bilancio sociale degli enti del Terzo settore adottate dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali alle quali Open cooperazione si è recentemente allineato”.
“Negli ultimi cinque anni – aggiunge la nota – è cresciuto di un ulteriore 8% il numero di organizzazioni che sottopongono il loro bilancio economico ad una certificazione esterna operata da auditor di revisione indipendente. Oggi il 92% delle ong con entrate superiori a un milione di euro ha un bilancio certificato”. 26