La cooperazione come strumento capace di aumentare l’occupazione, ridurre le diseguaglianze, includere e funzionare da ascensore sociale. Se ne è parlato qualche tempo fa al Festival dell’Economia di Trento al panel “Cooperative e innovazione tra genere e generazioni”.
Confcooperative è la principale associazione per numero di cooperative aderenti, vale a dire 17 mila, che danno lavoro a 530 mila persone. Tali cooperative fatturano 82 miliardi di euro e rappresentano 3,2 milioni di soci.
Ciò premesso, è stata Anna Manca di Confcooperative a illustrare la situazione femminile: “Le donne sono il 61% degli occupati e rappresentano il 26,6% della governance: 10% in più degli altri modelli d’impresa. Il cuore delle cooperatrici batte al Sud. Il 54% delle imprese in cui le donne rappresentano la maggioranza della compagine sociale si trova nelle regioni del Mezzogiorno, 1 su 5 è attiva in una delle due isole maggiori, Sicilia e Sardegna, unica macro-area in cui tra il 2019 e il 2022 si è registrato un saldo attivo nello stock delle cooperative attive (+2,1%) a fronte di un decremento netto del 7% nelle regioni del nord ovest e del 6,4% in quelle centrali”.
“Complessivamente in Italia le cooperative femminili sono poco di 18 mila – ha aggiunto -. A fronte di un’incidenza nazionale del 24% sul totale, sono ben 14 le Regioni dove le coop rosa hanno una concentrazione superiore, ma quelle in cui la media regionale è inferiore a quella nazionale sono più significative per numero di imprese e fatturato (Emilia Romagna, Lombardia, Trentino Alto Adige, Campania, Veneto, Toscana). In sostanza, la cooperazione femminile è maggiormente presente al Sud dove le economie sono più fragili, a dimostrazione della capacità delle cooperative di fare da ascensore sociale”.
In termini assoluti la Sicilia è la prima regione per numero di cooperative con la maggioranza di soci donne, con quasi 3.300 imprese, a distanza segue il Lazio con poco più di 2.050 unità. Le regioni in cui ci sono più di 1000 cooperative rosa sono solo 6: Sicilia e Lazio, sono seguite da Campania (2007), Puglia (1884), Lombardia (1790) e Sardegna (1115).
“Le coop rosa sono maggioranza assoluta rispetto all’universo delle cooperative attive in Italia sia nei servizi per l’istruzione e formazione che nell’ambito socio sanitario, dove si attestano saldamente oltre il 52%, mentre rappresentano un terzo di quelle attive in ambito culturale – ha concluso -. Sono invece poco più del 10% nei settori delle costruzioni/abitazione e nella logistica. In valori assoluti il settore con più coop rosa è quello socio-sanitario con oltre 5 mila imprese, segue a distanza pulizie multiservice con 2.250 aziende”.
Dalle donne ai giovani. A parlarne è stato Dennis Maseri, presidente dei giovani imprenditori di Confcooperative. “Le Srl semplificate a 1 euro drogano la fase di startup – ha affermato -. Il ricambio generazionale è un problema che coinvolge anche le cooperative. Sono 3700 le cooperative con la maggioranza soci under 35 e sono 351 le nuove costituite. Nel complesso, l’incidenza di cooperative attive giovanili sul totale delle cooperative attive in Italia si attesta, nel 2022, al 4,9%.
Si tratta del peso più basso registrato nel periodo 2015−2022. Era del 9,7% nel 2015. A fine 2022 le cooperative attive sono poco più di 3.700. Il 64% si concentra al Sud, la Sicilia, con 697 unità, mantiene il primato assoluto per seguita dalla Campania con 637 unità attive. Al Centro fa riferimento il 15% (il Lazio è la quarta regione per numero di cooperative giovanili, con 379 unità attive). Il 12% è localizzato al Nord−Ovest (la Lombardia è la quinta regione per numero di cooperative giovanili, con 272 unità attive). Infine, al Nord−Est il restante 9%”.
La cooperazione di abitazione (genere di cooperative che ha come scopo la costruzione e la distribuzione di case ai soci) con 540 unità, pari al 14,6% del totale delle cooperative attive giovanili in Italia nel 2022, è l’ambito settoriale con la maggior presenza di coop under 35, seguito dal settore ricettivo e ristorazione, con il 7,8%, quello sociale e sanitario, con il 5,5%, e l’istruzione e formazione, sempre con il 5,5%”.