Brescia – E’ nota, come l’installazione artistica di Antonio De Martino, sebbene, fra i passanti, alla domanda di chi sia l’autore, è probabile che la risposta sia del non averne la minima cognizione.
Nell’antico volto, all’intersezione del vicolo dedicato a Ventura Fenarolo (i), che si innesta nella contrada del Carmine, appaiono, cadenti dalla superficie di legno e dalle travature sulle quali sono collocati, tanti svolazzanti “foglietti”, d’ugual misura, con altrettanti messaggi corrispondenti.
Lo sguardo, un poco, all’in su e la lettura si compone in una varietà estemporanea di affermazioni, lapidarie, laconiche, ultimative e trancianti, nel farsi latrici di una serie di verità da poter o meno condividere.
All’interno della chiesa quattrocentesca, il personaggio, a cui è dedicato questo vicolo, era stato catturato dalla parte francese che nel 1512 aveva occupato la città, non di meno, sopprimendo, insieme ad annessi fiancheggiatori ed alleati lontani e vicini, quanti più esponenti di Brescia erano dichiaratamente a loro ostili, mentre, a mettere sulle tracce di questo Ventura Fenarolo (i), nell’edificio di culto dove lo stesso era riparato, pare sia stato il suo cane fidato che non aveva rinunciato a stare con chi lo aveva con sé, per quanto nascostosi in un tumulo, con il risultato che l’amico “a quattro zampe” stava ad attenderlo fuori, segnalando, involontariamente, la sua presenza.
Oggi, sulle tracce del coraggioso nobil uomo bresciano che, alla fine, aveva deciso di andar incontro alla morte pur di non rivelare i nomi di altri degni patrioti filo veneziani, pare siano anche le sottili punte lanceolate dei cartigli, fissati in adiacenza all’epigrafe che indica la dedicazione toponomastica associatagli su questa antica porzione urbana, da tempo presa in considerazione, da un’iniziativa artistica perenne nella sua contestualizzazione.
Forse, in sintonia con tale personale ed esemplare testimonianza, strenuamente interpretata in aderenza alle proprie convinzioni, ha, sul posto, insieme a tante altre, la sentenziante esternazione che “Il coraggio non è sfidare i pericoli più grandi fuori di te, è affrontare il nemico più feroce, dentro di te”.
Analogamente, diluendosi lo spettro di riflessione, nell’insieme di un alquanto diversificata varietà di una codificata rappresentazione, si legge, in un’altra parte della fitta selva cartacea, posta a rivestimento del soffitto di questa sorta di breve segmento stradale, racchiuso in una dimensionata proporzione, che “L’uomo politico senza ambizione è come un cane da caccia che resta a cuccia”.
Ancora, sul crinale di una riflessione, attraversata da una stima a criterio esistenziale, appare il monito secondo cui: “Tutto ciò che ci irrita negli altri può portarci a capire noi stessi”.
Alto lo sguardo, tra le parole usate, come avviene nel fatto che, in alto, si leva, pure, l’attenzione dalla grigia pavimentazione di strada, per potersi immergere in queste sollecitazioni variegate che, anche a molteplici spunti sapienziali, paiono collegate.
Scritti, a voce di contenuti sui quali potersi anche confrontare, come di rimando dal vedere affermare che “La felicità è conoscere e meravigliarsi”.
Stessa grafia, per tutte queste brevi proposte di lettura, appollaiate, quasi fossero pipistrelli dormienti nell’anfratto cittadino dove si trovano divaricate ad ali spiegate ed, in alcuni casi, un poco accartocciate, seguendo l’autografo tratto gentile della quale, al viandante che vuole guardare, offrono, fra l’altre, la colloquiale sequenza introspettiva che “So bene che la verità, per quanto sia vera, è relativa”.
Assunto che sembra, in altro aspetto, svelarsi ulteriormente, nel dettaglio del correlarsi di pari tematica suprema che, a proposito, procede con lo spiegarsi a sostanza del messaggio testualmente scritto nei termini di “Per essere creduto rendi la verità incredibile”.
Innanzi al diuturno profilarsi di questi appunti, l’affidarsi alla luce in divenire della scintilla di una poetica rivelazione pare salutare il continuo rinnovarsi del tempo, lungo il suo aprirsi ai giorni in evoluzione: “Ecco a cosa serve il futuro: a costruire veri progetti di vita”.