Milano. “Il passaggio fu velocissimo. SS e repubblichini non persero tempo: in fretta, a calci, pugni e bastonate, ci caricarono sui vagoni bestiame. Non appena un vagone era pieno, veniva sprangato e portato con un elevatore alla banchina di partenza.” La voce che racconta, echeggia nel Memoriale della Shoah, al binario 21, otre la scritta “INDIFFERENZA”, è una delle più autorevoli Voci della Memoria italiana, la senatrice Liliana Segre, tra le fondatrici del Memoriale della Shoah di Milano, testimonia con eccezionale lucidità la propria esperienza di giovane ebrea (aveva 14 anni) deportata ad Auschwitz.
Il Memoriale della Shoah, uno dei luoghi da visitare nei Giorni della Memoria, sorge nella zona sottostante il piano dei binari della Stazione Centrale di Milano, dove furono caricati su carri bestiame i prigionieri in partenza dalle carceri di San Vittore per i campi di sterminio.
L’area dove oggi sorge il Memoriale della Shoah di Milano originariamente era adibita alla movimentazione dei vagoni postali, e tra il 1943 e il 1945 fu il luogo in cui migliaia di ebrei e oppositori politici furono caricati su vagoni merci, trasportati al sovrastante piano dei binari. Una volta posizionati alla banchina di partenza venivano agganciati ai convogli diretti ad Auschwitz- Birkenau, Mauthausen e altri campi di sterminio e di concentramento, o ai campi italiani di raccolta come quelli di Fossoli e Bolzano.
Il 6 dicembre 1943 partì il primo convoglio di prigionieri ebrei (169 persone, ne tornarono 5), il 30 gennaio 1944 il secondo, entrambi diretti ad Auschwitz-Birkenau. Soltanto 22 delle 605 persone deportate quel giorno sopravvisse. Tra di loro Liliana Segre, allora tredicenne, che benché così giovane sopravvisse all’amatissimo padre.
Tra tutti i luoghi che in Europa sono stati teatro delle deportazioni, oggi il Memoriale è il solo ad essere rimasto intatto. Esso rende omaggio alle vittime dello sterminio e rappresenta un contesto vivo e dialettico in cui rielaborare attivamente la tragedia della Shoah. Un luogo di commemorazione, quindi, ma anche uno spazio per costruire il futuro e favorire la convivenza civile. Il Memoriale vuole essere, infatti, un luogo di studio, ricerca e confronto: un memoriale per chi c’era, per chi c’è ora ma soprattutto per chi verrà.
Sino al 25 febbraio il Memoriale della Shoah ospita la mostra After Images, un ambizioso progetto in collaborazione con il Centro Primo Levi di New York. La mostra trasporta il visitatore in un altro momento nella storia, al 3 agosto 1944, quando la storia della famiglia Einstein Mazzetti entra nella Grande Storia, e le vicende del popolo ebraico, dei gruppi valdesi, dei partigiani, si ritrovano in un piccolo angolo di Toscana. Le fotografie di Eva Krampen Kosloski, grazie alla curatela di Alessandro Cassin e al progetto di allestimento di Andrè Benaim (Benaim Studio), tracciano i profili di un racconto, tra sogno e realtà, che ci parla di una famiglia, ma in realtà di molte altre, segnate dalle vicende della Shoah e della Seconda Guerra Mondiale.
Esso è dunque un luogo simbolo della deportazione degli ebrei e degli altri perseguitati verso i campi di concentramento e di sterminio. Ma anche luogo di memoria e di conoscenza; un centro polifunzionale dove ospitare incontri, dibattiti, mostre per ricordare le atrocità del passato e, soprattutto, dove creare occasioni di dialogo e di confronto fra le culture e per educare i giovani a superare le barriere linguistiche, culturali, sociali e perché la barbarie del XX secolo che vide nella Shoah il segno del massimo degrado dell’umanità, non possa ripetersi.