Brescia. L’artista andalusa Evita Andújar porta nel cuore della città la mostra “Anima Memoriae” presso la Galleria di SpazioAref, l’esposizione rimarrà aperta a ingresso libero fino al 23 febbraio, dal giovedì alla domenica dalle 16 alle 19.30. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con la Galleria Nuovospazio Artecontemporanea di Piacenza.
La mostra presenta una nuova fase del lavoro Stolen Selfies, la più recente produzione dell’artista andalusa. Le immagini sono create attraverso la rielaborazione pittorica di fotografie e selfie “rubati” dai social di giovani donne che le hanno postate.
Si legge nella precedente mostra a Roma dell’artista di Siviglia, che vive e lavora nella Capitale, dalla penna di Lorenzo Canova “Andújar usa dunque il suo talento pittorico per la sua ricerca ready-made sull’universo di immagini che si accumulano nella rete, scegliendo con cura fotografie, tratte in particolare da Instagram, di ragazze sconosciute che poi manipola e trasforma con i pennelli e il colore sulla tela. La pittrice sfida con intelligenza la banalità di certe immagini e le trasforma in un approfondimento che ha la forza riservata alle opere d’arte e alla loro capacità speciale di penetrare e di interpretare le sfaccettate realtà del mondo che condividiamo. Questi dipinti sono contraddistinti difatti da un’apparente felicità cromatica, collegata alle loro fonti di provenienza, che Andújar riesce a coagulare nelle sue traslucide tessiture pittoriche che però lasciano trapelare un evidente senso di inquietudine, un elemento stridente che insidia la leggerezza e il narcisismo delle (auto)rappresentazioni che si susseguono su Instagram.
Pertanto, l’artista, deliberatamente, ruba i selfie delle ragazze delle sue tele, ma la sua operazione però non è di semplice e banale saccheggio e la sua pittura ottiene lo scopo di dare una dimensione contemporanea al tema secolare del doppio, di un alter ego possibile che si sovrappone alla nostra personalità. Le giovani donne di queste opere sono infatti colte nella loro dimensione privata e sdoppiate, come in un rispecchiamento o, meglio, un riverbero del loro volto, che riecheggia nelle opere come una sorta di (voluto) disturbo di quella perfezione che le foto originali avrebbero voluto trasmettere. Il senso di questa ricerca sembra dunque quello di dare forma e significato allo sdoppiamento delle nostre vite, sospese tra realtà e virtualità, in una fusione dove la (presunta?) verità della ‘vita reale’ sembra smarrirsi spesso nello spazio della rete e dove le molte realtà possibili aumentano a dismisura in un labirinto infinito di rappresentazioni. […]
L’opera di Andújar ottiene però un risultato ulteriore e più profondo, quello di rivelare gli enigmi che si nascondono dietro i selfie rubati, di donare una dignità e una presenza visiva a immagini altrimenti destinate a disperdersi in pochi minuti, a rallentare il tempo dei pixel che formano quelle foto rinchiudendolo nel corpo fluido della pittura, trasformando l’effimero in duraturo e scoprendo la poesia segreta e privata delle minime esistenze quotidiane”. (L. Canova, Lo sguardo e il suo doppio, Evita Andújar)