Il prugnolo s’era proprio stancato di quest’inverno anonimo, tra la sera e la mattina di un giorno di metà marzo s’è rivestito di bianchi fiorellini, ora a vederlo là in mezzo al filare di scure e scheletriche robinie sembra una giovane sposa dalla candida veste pronta per il talamo.
Non ha dato retta al proverbio: “di venere e di marte ne si sposa ne si parte”, ha indossato l’abito bianco, deciso a scrollarsi di dosso l’appiccicosa e insulsa stagione invernale. Mancano ancora una buona manciata di giorni alla primavera, intorno tutto tace anche il fermento che fa serpeggiare gli ormoni di rumori animaleschi, il prugnolo non ha aspettato le grida delle rondini e il ritorno dell’usignolo.
S’era letteralmente “rotto” dell’impersonale invernata fatta di giorni grigi tutti uguali, con leggere brume di polveri di plastica e promesse di neve mai mantenute; è fiorito e basta. Di bianco vestito risanta lungo alle sterrate campestri una “donzelletta che vien dalla campagna, al dì di festa”, tutto solo nel grigiore ardesia del tardo meriggio. Il suo tronco contorto conta diversi anni, seppur piccolo tra le esuberanti robinie è qualche lustro che dice la sua all’arrivo della primavera.
Sono lontani anche per lui i ricordi di quegli inverni, inverni sul serio, dei ghiaccioli luccicanti come cristallo di Murano che pendevano dai coppi del pollaio a nord del cascinale, della neve, tanta neve che sfidava i suoi coriacei rami a braccio di ferro, le nebbie dense come ovatta nelle sere di Santa Lucia e il gelo che spaccava le zolle nei giorni della merla; il 31 gennaio scorso c’erano persino dodici gradi. Non ci son più gli inverni d’una volta, vai a saperlo, sarà per quell’effetto serra di cui si parla tanto, per l’ondata di cemento, consumo di suolo e di inquinamento arrivati anche nelle terre basse e campagnole come un diluvio biblico; sta di fatto che gli inverni si son beccati l’influenza e se ne stanno al caldo.
Mi vien quasi voglia di parlargli a quel prugnolo ardito, che se ne frega delle previsioni catastrofiche gracchiate dalla televisione e quando gli gira cambia abito e buonanotte a tutti.
E poi chissà come c’è finito lì, nel mezzo di quella lunga fila di piante, chissà?
Hai fatto bene a fiorire prugnolo, a dire la tua, in barba a questo mondo senza regole e rispetto, nemmeno per se stesso, ubriaco di progresso che si perde nella nebbia chimica di sere dai tramonti masterizzati in orizzonti di cemento.