Gli anni assommano allo spazio di tempo che, dall’oggi, separa la località bresciana di Maclodio dal fatidico 1427 che trovasi immortalato nella cifra espressiva di una datazione, riportata, a più riprese, nel grande murales realizzato su ampi tratti delle alte pareti esterne entro le quali si trova racchiuso il locale centro civico, intitolato a Giovanni Paolo II, con annessa biblioteca comunale, dedicata, invece, ad “Ada Merini”.
Domina, a soverchiante elemento connotativo dell’opera, la rappresentazione del “Leone di San Marco”, quale iconico riferimento indicativo dello schieramento militare che, qui, ha avuto storicamente la meglio, a bilancio dei combattimenti conclusisi il 12 ottobre 1427, a discapito della parte belligerante delle truppe avversarie, portavoci, invece, delle rivendicazioni del ducato di Milano, per il dominio del territorio bresciano.
Il murales, cromaticamente effusivo di forti tonalità, a loro volta, compenetrate in contorni altrettanto incisivi, è rivisitazione espressiva moderna della caratteristica peculiarità propria dell’accennato fatto d’arme, come evento trasponibile ai contorni di una narrazione d’insieme, in questo caso, espletata secondo una soluzione figurativa calzante con una proposta stilistica odierna.
Quest’opera risale a qualche anno prima, rispetto all’incombente scoccare, con l’autunno del 2022, dei 119 lustri che sono decorsi da quel 1427, quale anno storicizzabile nel merito di una commemorazione, diffusamente interpretata da quest’opera murale, in relazione ad una versione diversa, rispetto alle manifestazioni commemorative tradizionali, secondo l’alternativa di una dinamica differenziazione grafica, pure sviluppata vivacemente in una quota prospettica, entro la quale il costrutto evocativo del manufatto stesso si esplica.
L’immagine di un grigio basamento, bilancia l’assetto dell’intera rappresentazione, sul quale la raffigurazione di un “biscione”, quale rettile ravvisabile a simbolo allusivo della parte milanese, a motivo dell’antico stemma meneghino, è schiacciato dalla zampa del leone alato ruggente, realizzato nell’esplicita allusione del prevalere delle truppe combattenti per conto di Venezia, a Maclodio, alle quali aveva arriso la vittoria.
Tali figure si proporzionano a tutta altezza dal basamento, per il tramite della proiezione coloristicamente omogenea che appare scaturire da questo artifizio di una base, fattualmente cruciale al tema della contesa, bene sintetizzata con vinto e vincitore, esplicandosi anche a distanza, potendosi scorgere, queste emblematiche esplicitazioni figurative, anche dalla vicina strada provinciale che collega Brescia con Orzinuovi.
Maclodio che si situa in prossimità di questa importante via di comunicazione, ha tale murales ad ulteriore pubblica attestazione della propria memoria storica, legata alla specificità di una battaglia fin da subito reputata notevole per i suoi effetti e degna di una perdurante commemorazione.
La firma del murales, brioso indumento grafico a vestimento del “Centro Civico Papa Giovanni Paolo II”, è rilevabile, poco distanziata dal piano di battuta dell’antistante parcheggio, mediante la scritta “True Quality 2017”, in armonia con lo stile espressivo dell’intero manufatto che profila una evidente disinvoltura creativa nell’approccio ultimativo rivolto al ricordo storico di una cruenta sfida.
Una sfida sul campo di Maclodio, inteso ad ambito localizzabile del fulcro decisivo della battaglia, tramandato come contesto culminante dello scontro sul territorio di Maclodio, che, nell’afflato celebrativo dell’opera murale stessa, ha la ripetuta trascrizione del nome della località, in molteplici punti del manufatto, tanto che, forse, può capitare di distrattamente poter cogliere, nella lettura sommaria dedicata alla foga volitiva dell’opera, le ultime lettere del toponimo, ovvero del nome di Maclodio deprivato dalle prime quattro, come, ad esempio, sotto l’ala del leone, che ne cela un poco l’intera esplicitazione, per cui, tanto, pure, per stare nel tenore effettivo dell’evento commemorato, non per nulla significativo anche del ricorso violento alle più basse vie di fatto, appare, coincidenzialmente, di arrivare a leggere la parola “odio”.