sabato 23 Novembre 2024

Gardone Valtrompia, una strada in tribunale

Entrambe le parti sono, da tempo, sotto lo stesso cielo. Sia, chi non voleva la tal denominazione viaria, che la medesima intitolazione stradale, oggetto di una vicenda giudiziaria.

Via XX Settembre esiste a Gardone Valtrompia come, pure, nella frazione Inzino, inurbata alla stessa località valtrumplina, si profila via Domenico Tonini che possono, ambedue, ricondursi, nella toponomastica locale, alla accennata diatriba.

Traccia di tutto ciò si evince dall’allora quotidiano “Il Cittadino” del 18 giugno 1900: “(…) Per una lapide. Davanti al Tribunale di Brescia, oggi, si svolge il procedimento contro il signor Domenico Tonini di Inzino, il quale, nella sua qualità di sindaco di quel Comune ed in seguito a deliberazione del Consiglio Comunale, fece levare una lapide portante la scritta “Via Venti Settembre” per sostituirvene altra coll’antica denominazione “Via Inzino di Sotto”. Quella deliberazione fu annullata con decreto prefettizio; ma prima che questo decreto fosse notificato al Municipio di Inzino, il signor Tonini diede esecuzione al deliberato che egli riteneva fosse divenuto esecutivo. Per questo fatto la Regia Prefettura sospese il signor Tonini dalle funzioni di sindaco, considerandolo colpevole di abuso nell’esercizio delle sue attribuzioni; ed essendosi spezzata la lapide nel levarla, fu, contro il signor Tonini stesso iniziato il procedimento che, oggi, si presenta alla discussione davanti ai giudici. (…)”.

Ricordare la data del 20 settembre, è porre patriotticamente memoria al noto evento nazionale, compiutosi in tal giorno del 1870, con la fatidica “breccia di Porta Pia” a Roma, durante il quale la città dei Papi diveniva di fatto capitale del Regno d’Italia.

Un fatto che, da subito, aveva acquisito quella connotazione politica, per la quale, la fine del potere temporale del papato, in riferimento allo “Stato della Chiesa”, aveva, per certi versi, inferto una ferita nella vita nazionale, fra le fazioni favorevoli a tale svolta istituzionale e quelle, invece, clericali, resistenti a questa, pure, lamentata deprivazione da parte dell’istituzione ecclesiastica con il papa in testa.

Da qui il punto di frizione fra un sindaco, politicamente d’ispirazione cattolica, e l’intitolazione di una via, nel territorio del suo Comune, che celebrava questa determinante realtà di collisione con una pregressa visione della presenza della Chiesa, anche come entità statale e referente di un’antica investitura territoriale di effettiva titolarità governativa.

Pare ci fosse riuscito, questo sindaco recalcitrante a tale capitolo risorgimentale, a fare togliere la lapide, passando formalmente attraverso l’approvazione del Consiglio Comunale, ma questa decisione, non da tutti condivisa fuori dalla maggioranza consiliare, aveva comportato una sorta di ostinata contestazione generale, particolarmente agguerrita, da tirare in ballo anche la Prefettura, con l’allora prefetto di Brescia, avv. Augusto Borselli, quale amministrazione che aveva diritto di veto, rispetto alle determinazioni dei vari Comuni, ed anche vedendo in lizza argomenti imbastiti a materia di Tribunale, come ancora, dalla stampa locale, si legge da “Il Cittadino” del 19 giugno 1900. “(…) Ecco le risultanze del processo, svoltosi ieri al nostro Tribunale, contro il signor Domenico Tonini accusato d’aver “il 31 ottobre 1899 fatto distruggere la lapide che era murata nella facciata della casa comunale e che portava l’indicazione di via XX Settembre, cagionando al Comune di Inzino un danno dalle 7 alle 15 lire, coll’aggravante di cui all’art. 209 C.P. per essersi valso dei mezzi inerenti alle sue funzioni di Sindaco di Inzino per commettere il delitto”. Presiede il giudice dott. Andri, assistito dai giudici Castiati e dott. Turlini. Funge da P.M. il dott. Bertoletti e la difesa è sostenuta dall’avv. Luigi Bazoli. (…) Il signor Tonini, nel suo interrogatorio, sostiene di aver agito legalmente, facendo eseguire la deliberazione votata dal Consiglio Comunale, nell’ottobre scorso, di levare dalla casa municipale la lapide recante incisa la denominazione “Via XX Settembre” con sostituirvene un’altra con l’antico nome di via Inizino di Sotto, deliberazione divenuta esecutiva perché erano passati i quindici giorni prescritti dalla legge senza che fosse pervenuta alcuna opposizione da parte dell’Autorità Superiore. Narrando le varie circostanze per le quali si venne alla levata della lapide, esclude di aver dato ai muratori l’ordine di mandare in pezzi la lapide stessa: disse loro bensì che la lasciassero cadere, qualora corressero il pericolo di farsi del male. (…) Il teste Zanetti Bortolo, assessore anziano di Inzino, ricorda che nel 1895 il Consiglio Comunale deliberò di chiamar via XX Settembre, la via principale del paese, e che la Giunta, eseguendo tale deliberato, fece per collocare la lapide coll’indicazione di via XX settembre sulla casa del sindaco Tonini, noto per i suoi sentimenti clericali. Il Tonini si oppose. Allora, egli, Zanetti andò per farla porre sulla casa comunale; ma anche a ciò si oppose il Tonini e non desistette dall’opposizione se non quando venne ordine dal Prefetto. Nell’ottobre scorso il Consiglio, su proposta del consigliere Bonomi, deliberò di mutar nome alle vie e quindi sostituire a quella di via XX Settembre, incisa sulla lapide, la primitiva denominazione di via Inzino di Sotto. E qui, naturalmente, il Zanetti sorse a fare patriottiche proteste, pregando i consiglieri “a non toccare, per carità, il XX Settembre che è monumento nazionale…”.

La deposizione del Segretario Camplani Angelo, segretario comunale di Gardone Val Trompia, narrate le vicende della lapide, assevera che l’ordine del giorno, presentato dal consigliere Bonomi, era composto di due parti: “la prima comprendeva soltanto la sostituzione della denominazione di “via XX settembre”, ma non riguardava la levata della lapide che sarebbe la seconda parte. Afferma, poi, che il Consiglio votò soltanto la prima parte, respingendo la seconda. (…) Zanetti Paolo, industriale di Inzino, (…) afferma che il giorno dell’abbattimento della lapide, vari del partito clericale erano in baldoria, fischiando ed oltraggiando quelli del partito avversario. Dice che in paese, correva voce che il Tonini, quando ordinò la levata della lapide, avesse in tasca, già da qualche giorno, il decreto prefettizio che annullava la deliberazione del Consiglio. Ritiene che il Tonini avesse date istruzioni perché si lasciasse cadere e spezzare la lapide. L’avv. Bazoli, difensore, rileva che la lapide fu levata il 31 ottobre ed il decreto prefettizio fu comunicato al Tonini il 2 novembre. (…) Il Tribunale si ritira; e dopo mezz’ora rientra nella sala d’udienza e il Presidente legge la sentenza con cui si condanna il Tonini alla pena di giorni 7 di detenzione, e L. 70 di multa, oltre le spese processuali. Sappiamo che il Tonini ha interposto subito appello, contro la sentenza del Tribunale”.

Secondo i riferimenti che l’Enciclopedia Bresciana, fra le proprie pagine, fissa editorialmente, a proposito di questa pubblica vertenza, il sindaco la spunterà, probabilmente anche smontando i capi di imputazione, cominciando, ad esempio, dal fatto che la delibera approvata, pure essendo stata divisa in due parti, era passata in Consiglio integralmente, dal momento che, come aveva specificato il legale difensore, che lo definiva “Tonini, uomo onorando per una vita illibata di 72 anni”, tale deliberato contemperava “di togliere alla via principale il nome di XX Settembre e ridarle l’antico; la seconda di denominare piazza San Giorgio, il Largo tra Casa Gardoncini e la chiesa”.

Note sull'autore

LucaQuaresmini
LucaQuaresmini
Ha la passione dello scrivere che gli permette, nel rispetto dello svolgersi degli avvenimenti, di esprimere se stesso attraverso uno stile personale da cui ne emerge un corrispondente scibile interiore. Le sue costruzioni lessicali seguono percorsi che aprono orizzonti d’empito originale in sintonia con la profondità e la singolarità delle vicende narrate.

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