Cremona – Appuntamento con i registi feltrini Bruno Boz e Ivan Mazzon e il loro docufilm “LUPO UNO”.
Il film documenta, senza fare sconti, uno dei più innovativi e pionieristici progetti di monitoraggio e gestione del lupo. Sullo sfondo, l’autenticità dei rapporti fra le persone coinvolte e le atmosfere mai scontate del Grappa.
Il lavoro di Bruno Boz e Ivan Mazzon, premiato al Trento Film Festival 2023, racconta soluzioni innovative per la mitigazione del conflitto con l’uomo, in particolare attraverso l’uso proattivo di radiocollari, nei territori di Vicenza, Belluno e Treviso.
I due documentaristi hanno seguito per oltre un anno i ricercatori dell’Università di Sassari incaricati dalla Regione Veneto di monitorare e favorire la gestione “proattiva” di una famiglia di lupi attraverso l’impiego di tecniche sperimentali mai utilizzate nel contesto alpino.
“’Lupo uno’ è la denominazione del laccio attraverso il quale è stato catturato l’animale protagonista del documentario, racconta ad Altreconomia Ivan Mazzon, uno dei due registi.
La cattura era finalizzata all’applicazione di un radiocollare Gps, che consentirà di raccogliere dati molto importanti sui suoi spostamenti, ora in fase di analisi da parte dei ricercatori di Sassari”.
Fotografo naturalista e videomaker, Mazzon è specializzato nell’utilizzo di foto e video-trappole ad alta definizione per la ripresa di animali elusivi e documenta progetti di conservazione della fauna selvatica. “Nel film si parla di un’operazione di cattura di un lupo sul massiccio del Grappa, dove stiamo seguendo un branco che si espande su ben tre province”, continua.
“Abbiamo avuto la fortuna di riprendere passo dopo passo la squadra di ricerca: sia durante le azioni più tecniche durante l’applicazione del radiocollare ai lupi, sia nelle relazioni quotidiane della fauna selvatica con i pastori. Attenzione però, avvisa il regista, questo non è un documentario sull’ecologia del lupo, ma un lavoro di ripresa su una sperimentazione tuttora in corso. Il Dipartimento di veterinaria dell’Università di Sassari, in cui operano esperti che hanno maturato una grande esperienza di studi specialmente in Italia centrale, sta lavorando da molti anni sulla ricerca di tecniche e metodologie per facilitare la convivenza dell’uomo con il lupo”.
Il documentario mette in evidenza come combinare varie soluzioni di monitoraggio a diversi sistemi d’allerta (dal radiocollare ai dissuasori acustici che scattano appena il predatore si avvicina al gregge) può essere di grande aiuto per impedire la predazione dei capi allevati. Inoltre, questo approccio punta anche a innescare una riflessione differente tra coloro che vedono nel ritorno del lupo un problema.
Con questo appuntamento entra nel vivo la seconda edizione della rassegna Camminare su un filo di seta: rigenerazione dell’ecosistema, crisi climatica, sostenibilità e consumo critico, che il Polo di Cremona del Politecnico di Milano ha deciso di promuovere in collaborazione con le associazioni Città Rurale con il progetto Cremona Urban Bees, Filiera Corta Solidale, Nonsolonoi Altromercato, Slow Food Cremonese, Circolo Vedo Verde Legambiente Cremona e CAI Cremonese e con il patrocinio del Comune di Cremona.
Camminare su un filo di seta significa stare in equilibrio precario, come oggi siamo tutti noi, che ci troviamo a fronteggiare una crisi climatica perdurante da decenni e che sta assumendo contorni via via più foschi, con disastri causati da tempeste improvvise, bombe d’acqua e fenomeni di siccità sempre più frequenti.
Possiamo uscirne? Non pare possibile, però dovremo trovare il modo di adattarci ai cambiamenti climatici, dal momento che stiamo sperimentando in maniera spesso tragica che il clima non si adatta alle nostre abitudini.
Questa rassegna cerca di indagare le molteplici sfaccettature di ciò che mina questo fragile equilibrio, che interessa tutte le attività umane, come una cascata inarrestabile, interferendo con l’ambiente in cui siamo abituati a vivere e che consideriamo immutabile.
L’obiettivo è sensibilizzare la cittadinanza su temi cruciali come l’inquinamento, le migrazioni, la presenza di animali selvatici in ambiti periurbani, il consumo di suolo, l’uso di strumenti informatici, la produzione di cibo e tutte le attività umane che producono diseguaglianze e inquinamento e che sono ad un tempo causa e conseguenza dei cambiamenti climatici.