venerdì 22 Novembre 2024

Una “volpe di fuoco” da proteggere

Bussolengo, Verona – E’ stato inaugurato qualche giorno fa il nuovo ponte dei panda rossi al Parco Natura Viva. A tagliare il nastro è stato Janno Weerman, il numero uno dei parchi zoologici d’Europa per la gestione di questa specie.

“Nei prossimi giorni arriverà qui un nuovo esemplare – ha spiegato – in attesa che possa costituire una nuova famiglia e proseguire la conservazione di una specie che ha perso il 50% degli individui nei soli ultimi 20 anni”.

“Il giovane maschio arriverà dal Parco Faunistico La Torbiera e ha poco più di un anno”, spiega Camillo Sandri, direttore zoologico del Parco Natura Viva.

“Si ambienterà e poi il coordinatore europeo di questa specie deciderà se far arrivare anche una femmina, per costituire una coppia riproduttiva e contribuire a creare una popolazione pronta in caso di necessità di reintroduzioni in natura”.

Mentre il giovane in arrivo attenderà dunque la sua compagna, l’Associazione Europea degli Zoo e degli Acquari (EAZA) conta 450 esemplari nati nei parchi zoologici del Vecchio Continente a fronte di meno di 2500 individui allo stato selvatico.

“Un contingente importante sia in termini di numeri che di diversità genetica – prosegue Weerman, coordinatore di EAZA per il panda rosso – che deve tener conto di habitat originari in rapidissimo cambiamento. Molto spesso incompatibile con la coesistenza tra l’uomo e molte specie selvatiche”.

Per il declino della “volpe di fuoco”, è ancora una volta sotto accusa l’attività dell’uomo.

La rapida espansione della popolazione umana nell’Himalaya orientale sta causando deforestazione, degrado e frammentazione dell’habitat del panda rosso. In Nepal, habitat di questa specie insieme a Bhutan, India, Cina e Myanmar, oltre il 70% delle aree che abita si trova al di fuori delle aree protette, frammentato in 400 piccole aree forestali.

Strade, infrastrutture idroelettriche e attività minerarie si sommano ad una costante conversione degli ecosistemi naturali in zone agricole. Il che diventa un fenomeno drammatico se si pensa che la dieta del panda rosso è composta per il 98% da bambù.

“Una vegetazione molto fragile di fronte all’impatto delle attività umane, che generano un isolamento preoccupante delle singole popolazioni”, prosegue Sandri. “Un fenomeno che conosciamo da molti anni e che ci stiamo preparando a fronteggiare”.

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