Bergamo. Sospesa tra fascino e leggenda la vita dell’esploratore Giacomo Costantino Beltrami (Bergamo 1779 – Filottrano 1855) rivive nelle sale del Museo Civico di Scienze Naturali “Enrico Caffi”. Un nuovo percorso espositivo è infatti dedicato a questa figura poliedrica e senza dubbio avvincente, ma incredibilmente ancora poco conosciuta: “Il sogno di un nuovo Mondo“.
Non era un esploratore, ma ha raggiunto in solitaria le sorgenti del Mississippi
Non era un antropologo, ma ha vissuto con gli Indiani d’America
Non era un collezionista, ma la sua raccolta segna la storia dei nativi americani
Non era un letterato, ma ha subito il plagio di grandi scrittori
Non era un capo di stato, ma fu accolto dal Presidente degli Stati Uniti
Non era un monaco, ma si firmava Fra Giacomo
Non era un uomo casto, ma ha avuto un solo grande amore
Non era un alieno, ma diceva di venire dalla Luna
È Giacomo Costantino Beltrami
La figura di Beltrami certamente sfugge ad ogni tentativo di collocazione nelle categorie canoniche della storia e della cultura. Rimasta prigioniera di un mito cresciuto dopo la sua morte, nato sulle ali della leggendaria “scoperta delle sorgenti del Mississippi” e dell’”uomo dall’ombrello rosso” a tu per tu con gli indigeni americani, ma anche dell’iconico ritratto ideale dell’indomito esploratore dipinto da Enrico Scuri, la saga di Beltrami è ancora in attesa di una obiettiva revisione storica e critica. Così come ancora attende di essere realmente conosciuta dal grande pubblico.
Di Beltrami, la mostra vuole per la prima volta narrare tutte le “imprese”: esistenziali, geografiche, antropologiche, letterarie, al di qua e al di là dell’Oceano. Al centro di una narrazione che si srotola tra immagini, parole, suoni, lettere, mappe, oggetti personali, diari di viaggio, ambientazioni visive e immersioni interattive, saranno i manufatti che il viaggiatore ha raccolto lungo il Mississippi, tra i più antichi sopravvissuti all’incontro fatale tra gli Indiani d’America e l’uomo bianco. Pochi viaggiatori, avventurieri, cacciatori di pellicce, bianchi stravaganti, avvicinarono le tribù indigene quando il loro sistema di vita era ancora autonomo e vitale e la guerra non era ancora l’unica forma di rapporto possibile. E Beltrami fu uno di questi.
La narrazione espositiva segue la parabola della sua lunga avventura, punteggiata di colpi di scena. In un’epoca di grandi mutamenti storici e culturali, Beltrami si presenta rivoluzionario a Bergamo e poi imprenditore e uomo sospeso tra amore e giustizia nelle Marche. Con un repentino mutamento di identità, indossa i panni dell’indomito esploratore di terre selvagge e il racconto si apre al grande viaggio e all’incontro con l’universo “altro” dei nativi americani, restituito attraverso una selezione dei preziosi reperti che Costantino ha ricevuto in dono e scambiato con gli Indiani e poi ha avuto cura di portare con sé al suo ritorno nella “civiltà”.
È l’opportunità di guardare il Nuovo Mondo con gli occhi dell’esploratore bergamasco tra materiali di viaggio, manufatti rituali e di uso quotidiano, armi per la caccia e la guerra, simbologie ricorrenti nelle tradizionali decorazioni dai colori accesi. Tra archi, frecce, pipe, flauti, indumenti, borse da medicina e tamburi, il visitatore è “iniziato” a una visione spirituale molto lontana da quella “occidentale”, in cui il sacro e il soprannaturale sono integrati nella natura, nella vita quotidiana e nell’organizzazione sociale e politica. A chiudere il cerchio sull’esploratore, un piccolo “cabinet” documenta anche i viaggi di Beltrami in Messico e ad Haiti.
E poi il ritorno in Europa e il ritiro nella “cella” di Filottrano, dove risuonano le parole amare del suo testamento olografo. Il capitolo conclusivo esplora a 360 gradi l’eredità di Costantino Beltrami: i suoi libri, i plagi letterari, la nascita della leggenda, l’istituzione della Contea Beltrami.