Ferrara. Scultore prediletto da Gabriele d’Annunzio, «spirito nervoso, agile, moderno» capace di farsi interprete delle tendenze liberty e del classicismo novecentesco, il ferrarese Arrigo Minerbi ha conosciuto negli anni Venti e Trenta del Novecento una grande notorietà, tanto da essere annoverato dalla critica «tra i maggiori del nostro tempo», «per altezza d’ispirazione, potenza creativa e sapienza tecnica». Nella seconda metà del Novecento il classicismo idealizzato e antimoderno della sua produzione matura ha perso però di interesse e la sua fortuna si è eclissata confinando nell’ombra la sua produzione.
Una mostra: Il “vero ideale” tra liberty e classicismo, al Castello Estense fino 26 dicembre, organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara, ripercorre per la prima volta l’intero arco della produzione di Minerbi ricollocandolo nel contesto artistico italiano di primo Novecento. L’opera dello scultore ferrarese testimonia un temperamento originale ma perfettamente radicato nel dibattito artistico che ha accompagnato il passaggio dal modernismo con declinazioni simboliste di inizio secolo al ritorno alla tradizione maturato dopo la prima guerra mondiale, fino al classicismo monumentale dominante negli anni Trenta.
Questa parabola viene evocata attraverso una ricca selezione di sculture a cui sono accostate opere pittoriche e plastiche di maestri italiani tra simbolismo, realismo magico e classicismo (tra i quali Gaetano Previati, Leonardo Bistolfi, Adolfo Wildt, Galileo Chini, Ercole Drei, Felice Casorati, Ubaldo Oppi, Mario Sironi, Antonio Maraini, Achille Funi).
Le ricerche condotte in preparazione della rassegna hanno infatti permesso di constatare contatti diretti o tangenze con alcuni dei maggiori protagonisti dell’arte e della cultura del suo tempo. Per evidenziare questa rete di intersezioni, l’esposizione si sviluppa in capitoli tematici che rileggono alcuni temi della stagione artistica di primo Novecento: le arti decorative, il mito dell’eroe, il modello antico, l’arte pubblica, il ritratto tra spontaneità e idealizzazione, il rinnovamento dell’iconografia del sacro.
Grazie ai prestiti concessi da importanti musei e collezioni private, la mostra riunisce in Castello Estense circa 80 opere pittoriche e scultoree di formato anche monumentale. La presenza di lavori in gesso, marmo, pietra, bronzo e terracotta, e il confronto tra bozzetti, modelli, opere finite e calchi consente al visitatore di accostarsi al modus operandi dell’autore e al trattamento virtuosistico dei materiali capace di farsi interprete della sintesi lineare delle secessioni, o di emulare il nitore formale dei maestri del Rinascimento con un originale naturalismo purista. Tra gli obiettivi del progetto vi è la valorizzazione del patrimonio delle Gallerie d’Arte Moderna e
Contemporanea di Ferrara: la mostra consente al pubblico di ammirare una selezione del vasto fondo di opere di Minerbi custodito nelle raccolte civiche museali – in parte inedito – costituitosi con la donazione dell’artista nel 1953 e altri lasciti, che è stato al centro di un’estesa campagna di studio e restauro grazie al patrocinio della Regione Emilia-Romagna.
La mostra è infine un’occasione per riscoprire gli interventi minerbiani disseminati per la città di Ferrara, tra le quali si ricordano opere pubbliche come la Vittoria del Piave nella Torre della Vittoria (1924) e il gruppo allegorico Il Po e i suoi affluenti della fontana dell’Acquedotto (1932), o le affascinanti testimonianze della produzione legata alla committenza privata, da villa Melchiorri in viale Cavour (1904), al monumento funebre di Pico Cavalieri presso il Cimitero Ebraico (1923) che è stato appena restaurato a cura del Comune di Ferrara in collaborazione con il Ministero della Cultura-Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio e la Comunità Ebraica.